La Consob ha presentato al mercato il 14 Giugno la Relazione annuale, densa di dati, e il presidente Paolo Savona ha esposto al mercato le principali riflessioni dell'istituzione. Non c'è stata delusione perché le aspettative erano già modeste. È un testo sconclusionato: una lunga tesina sulle criptomonete, più vaghe ovvietà, viene il dubbio che non il professore l'abbia redatta, ma qualche stagista part-time.

Da una grande autorità indipendente si vorrebbero acuta riflessione e cura espositiva, ma non ce n'è traccia. Sciatta è pure la lingua: non si può scrivere “decade” per “decennio”, o “mezzo millennio orsono”. Né è lecito sbagliare i nomi di autorità di mercato americane con cui Consob è in contatto.

Savona è allo Zenith quando vorrebbe “unificare il dettato normativo del Tub e del Tuf come già suggerito da Carlo Azeglio Ciampi dopo la riforma bancaria del '93”. Qualcuno in Consob gli rivede i discorsi? A parte il fatto che non bisogna unificare, ma raccordare e aggiornare, dassi il caso che il Tuf sia del '98!

Ma qui siamo già al merito, la fiducia nella qualità del discorso, così scossa, non torna più. Una sua abbondante metà narra la criptomoneta. Savona ne sottolinea il rilievo potenziale, ma non può andare oltre l'auspicio che sia regolamentata; se non lo fa, lo Stato potrebbe essere coinvolto in una crisi sistemica, cui farebbe da innesco - ma egli scrive innesto - «uno squilibrio quantitativo e qualitativo tra moneta legale e moneta privata che farebbe scattare la Legge di Gresham». Davvero il bitcoin soppianterà dollari e euro?

Così non ha spazio per parlare di temi “suoi” come il delisting (società in uscita dalla Borsa) o l'ardua unificazione dei mercati europei. Fa scorrerie, per lui consuete, in altrui campi, ma solo scarni cenni alla protezione del risparmio, centrale per Consob. «Tenuto conto degli oneri di gestione”, scrive, “il risparmio ha contribuito significativamente a sostenere la stabilità dei mercati...». A parte il fatto che questa non è compito del risparmio, cosa ci sta dicendo? Che gli oneri di gestione van bene così o, al contrario, che solo aggiungendoli al rendimento esso diverrebbe buono? La Cumana avrebbe da imparare.

I gestori intascano molto più di 30 miliardi annui dai risparmiatori, almeno metà dei quali sono extra-profitti collusivi, da scarsa concorrenza. I loro margini operativi, spesso superiori al 60 per cento dei ricavi, sono ignoti ad ogni altra attività legittima. Le banche stentano ad esser valutate sul mercato metà del patrimonio netto, ma i gestori spuntano grassi multipli del medesimo.

Lietamente ignaro, il presidente salmodia che «mercato e democrazia svolgono un controllo delle rispettive funzioni svolte e l’esatta conoscenza del valore da attribuire a ciascuna è un passo indispensabile per un buon funzionamento dell’economia e della società».

A parte lo svolgimento delle funzioni svolte, chi pensi che mercato e democrazia non siano sullo stesso piano, si acquieta quando dal pulpito Savona così chiude: «Sono le aspettative di progresso, talvolta anche di natura utopica, che hanno mosso e muovono le conquiste dell’umanità. La loro capacità di incidere sulla resistenza che mostra l’esistente dipende dal raggiungimento da parte dei cittadini di una consapevolezza degli obiettivi e dei modi per raggiungerli. Perciò si è molto insistito su un triplice impegno educativo e formativo come viatico di successo per le scelte da effettuare».

Forse era duplice, ma andiamo in pace, la messa è finita.

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