Vorrei porre qui alcune importanti questioni che secondo me arrivano dirette e senza mediazioni al cuore del rapporto tra covid e democrazia, oppure, volendo attualizzare al massimo, tra referendum e pandemia.

Una mia collega (insegnante di scuole superiori) mi ha appena comunicato di essere risultata positiva al test sierologico al quale gli insegnanti erano stati invitati a sottoporsi per non rischiare di diffondere un possibile contagio.

Conseguentemente si è isolata in quarantena fino all'esito del tampone, che non è ancora stato fatto e non si sa se verrà fatto nell'immediato. - Io voglio votare - mi ha detto - domani telefono all'ufficio elettorale per avere delucidazioni-. Le delucidazione attese ovviamente sono quelle su quale sarà la procedura che l'ufficio elettorale sarà in grado di disporre per permetterle di votare.

È chiaro che non si può togliere a un cittadino il suo legittimo diritto di votare in questo importante referendum soltanto perché il cittadino, volontariamente e per un elevato senso civico, si è esposto al test sierologico rischiando così di risultare debolmente positivo e venir quarantenato.

Non sapendo come verrà affrontato il problema provo immaginare le varie soluzioni del problema.

La prima sarebbe che l'ufficio elettorale comunichi immediatamente con l'Asl e che l'Asl si metta all'opera per fare immediatamente il tampone al cittadino risultato positivo al sierologico, processi il tampone al più presto in modo da avere un esito di eventuale negatività alla malattia entro la mattinata di lunedì al più tardi, il che permetterebbe al cittadino di tornare in libertà e recarsi a votare direttamente sulle sue gambe.

Nel caso invece di esito positivo del tampone o di non sufficiente celerità dell'Asl, a questo punto sarà l'ufficio elettorale che dovrà premurarsi di rendere possibile il voto a questo cittadino risultato positivo al sierologico o al tampone.

La domanda è: gli uffici elettorale hanno prontamente approntato dei corpi di ufficiali elettorali covidadatti?

È chiaro che il diritto di voto del cittadino risultato positivo è equivalente al diritto alla salute dell'ufficiale elettorale che non deve correre il rischio di contagiarsi.

Quindi arriverà un corpo speciale di ufficiali elettorali appositamente formato forniti di scafandro, mascherina, guanti che porgerà la scheda al votante positivo il quale, dopo aver votato, infilerà la sua scheda (per mantenere la segretezza del voto) in una busta da lui sigillata.

La busta poi, come vale per i libri della biblioteca, dovrebbe essere poi disinfettata e posta anche lei in quarantena.

Il votante sarebbe quindi felice di aver potuto esercitare il suo diritto di voto e la democrazia ugualmente felice di averglielo garantito.

Ma mi chiedo, nel caso che il numero dei positivi che hanno effettuato il covid-voto da casa sia più o meno equivalente alla differenza tra i Sì e i No e che quindi le loro schede risultino fondamentali per dire se ha vinto il Sì o il No, l'esito del referendum verrà sospeso fino alla settimana prossima in attesa dello scrutinio delle schede che, potendo risultare infette, sono state anch'esse sigillate e quarantenate nelle loro buste?

Non so, questo virus crea sempre delle situazioni strane da pensare.

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