Il giorno delle elezioni amministrative nei centri più importanti d’Italia è stato anche il giorno della lunga debacle social - con Instagram, Facebook e Whatsapp in down globale per ore – che ha trasformato Twitter in un grande pigiama party collettivo.

È proprio in questo contesto che Carlo Cottarelli ha ritenuto opportuno esprimere il proprio parere su come risolvere il problema della crisi demografica, postando un tweet che recita: «Secondo l’Istat, i nati in Italia nel 2021 scenderanno sotto i 400K. Con pochi figli ci saranno meno lavoratori a produrre ciò che è necessario per gli anziani, obbligando questi a ritardare il pensionamento. Servirebbe un meccanismo premiante: chi fa figli vada in pensione prima».

Non sappiamo se Cottarelli abbia scelto un momento così particolare per farsi notare di più, per farsi notare di meno, o in modo del tutto casuale. Sappiamo solo che per l’ennesima volta la proposta di un uomo di mezza età protagonista dell’economia e della politica del paese sembra partorita da un incubo narrativo di Margaret Atwood.

L’autrice canadese del Racconto dell’ancella, romanzo che ha ispirato a sua volta l’omonima e iconica serie, non avrebbe in effetti potuto fare di meglio.

Nella distopia da lei creata, che non è altro che uno specchio deformante della realtà in cui siamo immersi - nonché dei peggiori rischi che in essa si celano, si narra di una società in profonda crisi demografica, dove le donne fertili sono ridotte a schiave, bestie da riproduzione, merce di scambio.

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Si potrà dire che in quelle poche righe non vengono date indicazioni di genere, che quel “chi” non riguarda necessariamente le donne e che pensarlo sia indice di malafede. Ma chi è che “fa figli” in Italia? E che cosa significa “fare figli”? Significa portare a termine una gestazione e partorirli? Significa occuparsi del loro accudimento e crescerli?

Quale che sia il caso sono i dati di realtà a fornirci una risposta nitida su chi – a prescindere dalla specifica volontà dell’autore del tweet – finirebbe con l’essere quel “chi”; e i dati di realtà ci dicono che il congedo parentale per gli uomini è ancora fermo a un numero complessivo di dieci giorni da distribuire nell’arco di cinque mesi.

Ci dicono che la pandemia ha causato un’ondata di 101mila disoccupati di cui 99mila erano donne, e che nella vita di queste ultime la genitorialità ha ancora un peso enorme quando si tratta di scelte professionali.

Stabilito, dunque, su chi viene automaticamente proiettata la responsabilità dell’accudimento dei bambini, sarebbe forse opportuno parlare di come far sì che le madri il lavoro possano anzitutto trovarlo e possibilmente mantenerlo, molto prima che di mandarle in pensione anticipata.

Il premio di qualcuno è la punizione di un altro

Il concetto di pensione anticipata viene qui peraltro indicato come “meccanismo premiante”, ma quel che ho imparato diversi anni addietro, grazie a un’esperienza di lavoro per un grande brand, è che il meccanismo premiante dedicato a chi lavora bene non è altro che un meccanismo punitivo indirizzato a chi lavora male.

Quindi diciamolo in modo chiaro e scevro da retoriche: servirebbe un meccanismo punitivo per chi i figli non li fa. Meccanismo che – in mancanza di una profonda riforma del sistema di welfare - finirebbe con l’essere punitivo due volte, invitando le donne a uscire dal mondo del lavoro anzitempo, onde assolvere con maggiore agio al compito di angelo del focolare e care-giver ad libitum. Quello sì, ruolo primario che oltre a non prevedere una retribuzione non contempla certo un orizzonte di pensionamento.

Quelle del tweet di Cottarelli sono poche righe, è vero, ma sono molto dense di scarsa considerazione nei confronti delle più varie categorie. Non considerano ad esempio il fatto che il lavoro è un mondo composito, e che non tutte le lavoratrici e i lavoratori hanno le medesime difficoltà, necessità e istanze.

Perché dunque non si opera una riflessione che almeno nomini le difficoltà connesse ai lavori usuranti, per andare incontro finalmente a coloro che avrebbero davvero bisogno di un pensionamento anticipato, a prescindere dalla presenza o meno di prole? Perché, se non in virtù dell’essere ancora una volta una voce scollegata dalla realtà?

Risalgono solo a maggio scorso le parole di Antonio Tajani sulla genitorialità (ricordiamole qui, erano: «una famiglia senza figli non esiste»).

Di nuovo si conferma che nell’agone degli uomini di potere la tendenza a visualizzare le donne come un Dolce Forno, produttore di futuri produttori di redditi e pensioni, è qualcosa di più di un inciampo e di ben peggiore di un tweet sbagliato.

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