Il leader italiano e la leadership europea si sono mossi all’unisono. Hanno incontrato i leader dei due paesi che controllano le frontiere più difficili del continente, dal cui servizio dipende la stabilità politica dell’Europa, che sarà messa a dura prova all’uscita della pandemia.

La Libia di Abdelhamid Dbeibah riceve il premier Mario Draghi e la Turchia di Recep Tayyip Erdogan riceve la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen e il presidente del consiglio europeo Charles Michel. Le frontiere europee si sono spostate in Libia e in Turchia. La loro gestione è un affare di cui questi due paesi violatori dei diritti umani sono esperti. Nel caso della Libia, si aggiunge la questione della sicurezza della “nostra” Eni che controlla la metà della produzione petrolifera in quel paese.

I diritti umani, una narrativa recitata per noi europei. Lo scorso anno la direttrice di Amnesty International per il Medio Oriente e l’Africa del Nord ha dichiarato che «la situazione in Libia continua a peggiorare, la popolazione civile paga il presso di crimini efferati commessi da milizie e gruppi armati».

Da allora qualcosa è cambiato. Il nuovo primo ministro libico dà un’immagine di stabilità interna per essere un interlocutore credibile. Draghi ha legittimato la sua ambizione ed espresso «soddisfazione per quanto la Libia fa per i salvataggi». Peggiori parole non poteva trovare per ribadire gli affari tra governo italiano e organizzazioni libiche per la gestione dei respingimenti presentati come salvataggi.

Mentre Draghi rientrava a Roma, i suoi corrispettivi europei venivano accolti ad Ankara da Erdogan, che a marzo aveva deciso di uscire dalla convenzione di Istanbul sulla prevenzione e il contrasto della violenza contro le donne.  

Poco importa se la Turchia riconferma il suo servizio ben pagato di respingimento dei migranti che arrivano dal medio oriente. Per legge di contrappasso, a giustificare il baratto dei diritti è stata proprio Ursula von der Leyen: in giacca rossa in onore dei colori della Turchia, l’aristocratica tedesca ha dichiarato che «i diritti umani non sono negoziabili» e, intanto, ha partecipato ai negoziati seduta su un divano periferico. Il respingimento dei migranti val bene uno schiaffone ai diritti e alla parità di genere. A Tripoli e ad Ankara è andata in scena la peggiore politica italiana ed europea.

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