Le celebrazioni del ventesimo anniversario dell'attentato dell'11 settembre 2001, con il crollo delle torri gemelle a New York e l'attacco al Pentagono, coincidono con la caduta di Kabul in mano ai talebani. In mano cioè a coloro che l'amministrazione guidata vent’anni fa da G.W. Bush ritenne responsabili, insieme agli iracheni di Saddam Hussein, di aver finanziato e preparato i terroristi di Osama Bin Laden.

Le forze della Nato risposero all'unisono all'appello, senza discutere. Quella guerra assurda e sbagliata, motiva con menzogne, costata fiumi di denaro e molta corruzione, ha fatto la felicità dei contractor statunitensi immanicati con il Partito repubblicano, allora dominato dal vicepresidente Dick Cheney.

Non si crea democrazia senza popolo, non si scrive una costituzione democratica senza un sovrano collettivo riconosciuto. Alcuni teorici democratici si impegnarono a fare di necessità virtù: l'occupazione, si legge in diversi articoli accademici usciti a partire dal 2003, potrebbe e dovrebbe diventare un'occasione per traghettare gradualmente l'Afghanistan e l'Iraq verso la democrazia, riparando ad un torto (una guerra ingiusta) con un lascito positivo.

La comparazione con il successo democratico della seconda guerra convinse alcuni studiosi che fosse possibile un simile esito anche in Medio Oriente. Come avvenne in Giappone e in Germania, dove la costituzione democratica arrivò dopo bombardamenti devastanti e un'arresa senza condizioni da parte delle forze dell'Asse.

Nessuna sensata comparazione era possibile con la Germania, un paese che aveva avuto una notevole tradizione politica, che aveva anzi conosciuto un'importante stagione di costituzionalismo democratico contro il quale si era scagliato il nazismo.

Circa il Giappone, i suoi leader sconfitti accondiscesero senza resistenza al comando del Generale Douglas MacArthur, che si impose come combattente di una causa giusta. Era in effetti il modello MacArthur di occupazione a motivare chi sperava in una transizione democratica in Afghanistan. Ma a differenza del Giappone, l'Afghanistan non aveva nè un società civile consolidata nè una cultura religiosa disposta a facilitare un compremesso con il liberalismo e la modernità.

La precarietà della situazione afghana fu immediatamente evidente, già nel 2003, per la difficoltà a unificare la frammentata amministrazione delle sue regioni e, soprattutto, per l'ostilità mai mitigata nei confronti degli invasori occidentali.

Nonostante la pregevole produzione di ricerche e l'impegno a dar corso pratico alle strategie di transizione, la guerra delle forze Nato non aveva alcuna giustificazione e non poteva vantare alcuna pretesa di giustizia. Si trattava semplicemente di un'occupazione militare, giustificata con menzogne. Nussuna buona volontà poteva rimediare a quel torto originario. 


Il popolo afghano negli ultimi quaranta anni ha vissuto sofferenze inimmaginabili. Solo nel 2021 circa 550mila persone sono state costrette ad abbandonare le proprie case. Sono donne e bambini a pagare il prezzo più alto. Unhcr ed Emergency sono ancora in Afghanistan per aiutarli. Ognuno può dare il proprio contributo con una donazione, bastano pochi click.
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