Mentre crescono le paure, la destra si radicalizza: in Spagna come in Grecia, in Scandinavia, in Italia. Non solo: dai popolari alle forze più estreme, si coalizza e si unifica. Nella saldatura trovano posto istanze iperliberiste, dalla delegittimazione del fisco alla negazione dell’emergenza climatica (e prima di quella sanitaria), e venature autoritarie: contro diritti e libertà civili, minoranze, migranti. Le forze dell’altro campo invece rimangono divise. È il motivo per cui vanno male. In Spagna, a Barcellona, Colau arriva terza perché superata dai socialisti.

E a loro volta i socialisti perdono in tutto il paese per polemiche e faide interne. In questo quadro, le politiche di sinistra del governo Sanchez non sono il motivo della sconfitta, semmai un punto di tenuta. Non a caso, con oltre il 28% i socialisti spagnoli si confermano più in salute dei loro alleati in Francia, in Italia e in Germania, e si situano a meno di tre punti dai popolari. Si comprende così la scelta di Sanchez di convocare elezioni anticipate: non una resa, ma una scossa per ritrovare unità. La partita in Spagna è appena incominciata.

Anche in Italia, l’anno scorso, abbiamo perso per la litigiosità delle forze alternative alle destre. Il problema è che da allora non è stata fatta molta strada. In questi mesi, Conte, Calenda e Renzi si sono comportati come se la sconfitta non li riguardasse (anzi). L’unico ad assumersi le sue responsabilità è stato il Pd: ha eletto una nuova segretaria, con l’intesa fra Schlein e Bonaccini, ha anche cercato di ritrovare unità.

Nonostante ciò, le polemiche interne sono ricominciate, spesso pretestuose, ferme a schemi del passato: la contrapposizione fra crescita e redistribuzione per i «riformisti», oppure i temi etici per i cattolici (ma la Chiesa oggi guarda soprattutto alla crisi ambientale, ai migranti, alla pace). E sono naturalmente proseguite le polemiche dalle aree esterne al Pd. Il risultato è che a queste elezioni amministrative il campo alternativo alle destre ha continuato a presentarsi diviso e frammentato. Non stupisce la sconfitta.

Ora, personalismi a parte, il punto è che l’idea di comunità nazionale che propongono le destre può sorvolare sulle disuguaglianze e le ingiustizie economiche, perché fondata sull’etnia e il rifiuto delle diversità. Le forze di sinistra, che difendono i diritti, devono fare l’opposto. Devono proporre un’idea di comunità fondata sulla coesione sociale, cioè sulla lotta alle disuguaglianze; e spiegare che in questo modo possiamo vivere meglio, far crescere l’economia e anche sconfiggere le paure. Se non fanno questo, non ritroveranno la strada né dell’unità, né della vittoria.

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