Il default della Russia sul debito estero, il primo dal tempo di Lenin, l’embargo sugli acquisti dell’oro russo, la proposta avanzata da Draghi di un tetto al prezzo del gas e quella americana a quello del petrolio, sono l’armamentario che l’Occidente ha sfoderato nelle ultime settimane per contrastare l’invasione dell’Ucraina.

Una guerra finanziaria che l’Occidente sta perdendo perché non ha una valida strategia, fa confusione sugli obiettivi che vuole raggiungere e manca di coordinamento e unità di intenti.

Con il default sul debito estero la Russia sarà tagliata fuori dall’accesso al mercato dei capitali internazionali.

Nessuno potrà fare credito alla Russia fino a quando i diritti residui dei vecchi obbligazionisti saranno soddisfatti; e questo richiederà tantissimo tempo visto l’inusuale complessità di questo default, che già di per sé è un evento estremamente complesso: quale è la giurisdizione competente (la Russia non accetta le corti occidentali, e gli investitori quelle russe)?

I creditori possono rivalersi sui beni sotto sequestro di Russia e oligarchi? E può il Governo americano impedire a un debitore di onorare i propri impegni, avendone i mezzi, come in questo caso?

Nel breve termine, il provvedimento non ha ricadute pratiche, perché la Russia è già tagliata fuori dal mercato dei capitali, ma riesce a finanziarsi autonomamente grazie alle esportazioni di energia (a prezzi sempre più alti).

Alla lunga però l’impatto sarà devastante perché i prezzi dell’energia sono destinati a cadere, le esportazioni verso l’Europa non possono essere facilmente rimpiazzate e l’economia russa, fondamentalmente concentrata nella produzione di materie prime, ha la necessità di finanziare l’importazione sia di tecnologia e macchinari, sia di beni di consumo.

L’embargo agli acquisti di oro dalla Russia e le proposte di un tetto al prezzo di gas e petrolio potrebbero avere un impatto immediato sulle risorse per finanziare la guerra.

La proibizione all’import occidentale di oro dovrebbe essere efficace perché è una fonte importante di introiti per la Russia e non può essere facilmente dirottato verso Cina e India, diversamente dal petrolio. Ma il condizionale è d’obbligo perché, alla notizia dell’embargo, il prezzo dell’oro non si è mosso.

Il cartello europeo          

Della proposta per il cap al prezzo del gas europeo, si è già detto: imporre per legge l’obbligo di un unico prezzo in tutte le trattative di gas in Europa equivale a formare un cartello europeo per l’acquisto di gas russo; e se un monopolista (la Russia) deve vendere il suo prodotto (il gas) a un unico compratore, è quest’ultimo che decide il prezzo.

La proposta americana per il cap al prezzo del petrolio è ingegnosa ma di difficile implementazione: da quello che si è capito, si esonerano dalle sanzioni l’assicurazione e il finanziamento di esportazioni di petrolio russo a quei paesi, specialmente emergenti, che lo acquistano a un prezzo calmierato.

La prima difficoltà sta nel decidere il prezzo che deve essere inferiore a quello di mercato per aiutare i paesi importatori, ma non troppo inferiore anche a quello, scontato, a cui la Russia lo vende a Cina e India per evitare arbitraggi (magari usando flotte di stato dei due paesi), ma superiore al costo di estrazione della Russia. La seconda nella difficoltà dei controlli.

La mancanza di coordinamento e unità di intenti rende questi provvedimenti inefficaci: l’Europa punta al tetto sul gas russo in quanto sua principale fonte energetica (e anche al nostro interno prevalgono le frizioni tra i diversi interessi nazionali); mentre gli Usa, esportatori di gas, vogliono quello sul petrolio perché l’umore dell’americano medio dipende dal prezzo della benzina.

Ma è la mancanza di chiarezza sugli obiettivi a far perdere la guerra finanziaria all’Occidente. 

Se l’obiettivo è azzerare le risorse per finanziare la guerra, questi provvedimenti avrebbero dovuto essere adottati tutti insieme, all’inizio dell’invasione o, meglio ancora, annunciati come deterrente credibile prima che cominciasse.

Se l’obiettivo è imporre ai cittadini russi un tale disagio da far loro reclamare un cambiamento di regime, niente di tutto questo serve, come dimostrano Iran, Venezuela e Nord Corea.

Questa guerra finanziaria ha invece una grande efficacia come deterrente contro future aggressioni, aumentandone il costo percepito dai potenziali aggressori. Un messaggio che vale anche per la Cina.

Ma questo non serve molto all’Ucraina oggi. So poco di strategia, ma credo che i negoziati veri comincino solo quando è chiaro che una parte sta perdendo; e le guerre si vincono con le armi sul campo. 

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