L’individualismo politico dei giovani. Conte piace (anche) grazie al Covid

Per molto tempo la politica si svolgeva nella polis, nella piazza, insieme ad altri, marciando, urlando, cantando. La politica si esprimeva , e si esprime tuttora, in modalità collettiva, mettendo in campo la propria corporeità fisica, insieme ad altri, in uno spazio pubblico. Questo tipo di partecipazione politica è la più visibile e la più intensa; poi ci sono altre modalità più fredde: andare a votare, sostenere finanziariamente un partito o una causa, firmare petizioni et similia, assistere ad un dibattito. Tutte modalità importanti, la prima sopra di tutte, perché è attraverso il voto che si da forma alla politica democratica. «Cara politica, a cosa servi?»: i giovani tra speranze e paure Partecipazioni politiche Il contributo di ogni persona può essere messo in una scala dal punto zero del voto al punto massimo del coinvolgimento in manifestazioni. Oltre a queste modalità classiche, sulla scorta di una importante ricerca internazionale degli anni Settanta (Samuel Barnes e Max Kaase, Political Action: Mass Participation in Five Western Democracies), sono state prese in considerazione modalità politica non-convenzionali e in certi casi non-legali, frutto dei movimenti sociali di quel periodo: dai sit-in ai walk-around intorno ad luoghi simbolici, dall’incatenamento ai graffiti, dagli scioperi selvaggi alle occupazioni di edifici pubblici e di case sfitte. Fino ad azioni più violente, che includevano scontri con avversari politici e forze dell’ordine. Del resto, è celebre la foto dell’autorevole ministro degli Esteri tedesco e vice cancelliere nel periodo 1998-2005, Joschka Fisher, che lo riprendeva da giovane contestatore a fare baruffa a colpi di casco con la polizia. E anche molti paciosi intellettuali e commentatori italiani hanno un lontano passato turbolento. Giovani in fuga dalle urne. Conte e Sánchez i leader più amati Il sondaggio su giovani e politica A scorrere i dati dell’inchiesta Swg pubblicata nei giorni scorsi su questo giornale abbiamo un ritratto in chiaro scuro sul rapporto tra giovani e politica. Più di un terzo di loro si dichiara restio a recarsi alle urne. Una quota in sintonia con un umore generale. Non per questo però sono lontani dalla politica. Si informano, ne discutono, ma raramente escono dalla dimensione individuale che si esprime attraverso i social media. Ovviamente le loro fonti d’informazione privilegiate rimandano ai social di ogni tipo e genere, e ai media online. Ma per quanto si informino, la disponibilità a scendere in piazza, inevitabilmente superiore a quella degli anziani, coinvolge un terzo e poco più degli intervistati. La politica rimane distante e la piazza continua a non riempirsi. Il loro orizzonte politico è frastagliato. La preferenza a sinistra non è così marcata; del resto in passato una quota maggioritaria era orientata a destra, soprattutto tra chi non studiava ed era entrato nel mercato del lavoro. Ora sono più lontani dai partiti di destra, Fratelli d’Italia in particolare. Infatti, nel complesso, i giovani apprezzano tutti i leader della sinistra più di quanto non facciano le componenti più mature; mentre i leader di destra hanno il loro bacino preferenziale tra le componenti sopra i 25 anni. Giovani e con Berlinguer nel cuore, Conte si è creato il suo piccolo “esercito” M5s Il segreto di Conte Su questo versante emerge una sorpresa: il politico preferito dai giovani, sinistra e destra compresa, è Giuseppe Conte; anche Meloni rimane dietro, per non dire di altri leader. E questo nonostante la disponibilità a votare per il M5s rimanga inchiodata al 13 per cento, senza alcuna differenza tra under 25 e persone più mature. Come spiegare la fascinazione per un politico che ha tutte le stimmate dell’avvocato di successo (per quanto del popolo) e nulla del tribuno arrembante e coinvolgente. Con il suo eloquio spesso circonvoluto (come un grande barese), con il suo linguaggio del corpo rigido, con l’assenza di retorica visionaria, non dovrebbe essere attraente per la componente più giovane dell’elettorato. Eppure qualcosa deve esserci. Forse l’immagine del padre (o preside) severo del periodo della pandemia quando doveva imporre regole a tutti senza eccezioni (e i giovani hanno bisogno di figure che diano sicurezza senza arroganza), forse la recente curvatura pacifista, forse l’identificazione con il partito più connesso alle nuove tecnologie. Un dato non scontato, questo delle preferenze, che squarcia il velo di idee ricevute. La realtà misurata con gli strumenti della ricerca empirica non coincide con le chiacchiere dei talk show. E obbliga a riflettere.