Per John M. Keynes il governo dell'economia deve dosar bene i tre grandi obiettivi dell'azione pubblica: equità, efficacia, libertà. Non si sa che ne dicano gli “Appunti di Giorgia”, astuta trovata di Giorgia Meloni presidente del Consiglio, ma l'esame del prof. Keynes non lo passa; bocciata in equità e efficacia, punta sulla libertà di chi la vota.

L'ha premiata esser stata sola all'opposizione, coerente dal 2011 in poi, avversa all'euro e alla Ue; su tali temi ha taciuto prima del voto, certa che al governo avrebbe avuto tanto bisogno d'aiuto.

Dopo solo due mesi dal voto sibilano bordate contro la perfida Europa, è già finita la faticosa pazienza della destra, che così mina la residua credibilità.

Dovendo vestirsi da draghiana, per trattenere consensi Meloni punta su temi che ritiene armi di distrazione di massa; difatti definisce “non di sostanza” le critiche Ue al bilancio.

Esse vertono sull'ostilità alla concorrenza (balneari e non solo), sulla flat tax aumentata a 85 mila euro, iniqua perché discrimina fra redditi uguali, inefficace perché disincentiva la crescita; sul rifiuto di aggiornare un catasto remoto dalla realtà, sui piccoli condoni in nome della “pace fiscale”, sul favore per i contanti.

Gli inglesi parlano di “fischi per cani”, volti a chi solo li sente, come i cani gli ultrasuoni: con noi vivrete tranquilli, sentono bene gli evasori.

Drizzano però le orecchie anche alla Ue e alla Bce, rea per il ministro della Difesa – sarebbe quello moderato - di aumentare i tassi per “farci un regalo di Natale”. Come ha qui scritto Franco Bruni ieri, se lo spread sulla Francia sale a 160 punti base, non ce la caviamo col vittimismo.

Erano “di sostanza” le critiche della Ue, se Meloni deve cedere sulle carte di pagamento; resiste però sul favore per i contanti.

La destra forse trascura che le carte migliorano la vita; così si paga tutto, dai biglietti del bus (fine dei viaggi a ufo), ai Musei, ad ogni momento quotidiano.

Dato il livello minimo delle commissioni – si veda Milena Gabanelli sul Corriere – sono ovvi i vantaggi per gli esercenti.

Pure i governi precedenti han trascurato l'equità fiscale e tanti la pagano al voto, ma la destra non trascura nulla: lo fa apposta, grida “non mettere la mani nelle tasche degli italiani”.

Meno contanti, più carte, semplifica la vita a tutti, salvo a chi vende e compra in nero.

Questo basta, per Meloni e sodali; non sono conservatori, semplicemente reazionari. Vogliono avvinghiarci al passato.

Quel fischio si sente forte e chiaro. Se la sinistra vuol ritrovare l'anima, afferri con coraggio la bandiera di un bilancio pubblico e di un fisco che, rispettando la libertà, perseguano finalmente equità ed efficacia. Che ne pensa chi si candida a guidarla?

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