- Se si trasporta l’incontro fra il vertice del Dis, Elisabetta Belloni, e il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, al di fuori dei nostri confini l’anomalia risalta più chiaramente.
- Difficile dunque non leggere il fatto alla luce degli immediati antefatti, ma stringendo così tanto l’inquadratura sulle beghe partitiche si rischia di non vedere la bizzarria generale di una circostanza che, nell’ipotesi più benevola, è la madre di tutte le scelte istituzionalmente sbagliate.
- Come avrebbe reagito la politica e l’opinione pubblica se gli omologhi americani di Di Maio e Belloni si fossero fatti vedere in un ristorante della capitale americana?
Immaginiamo, per analogia, il direttore della Cia che in un ristorante di Washington incontra il segretario di Stato, che incidentalmente è anche il capocorrente di un partito in crisi ed è in piena campagna per conquistarne la leadership. Il nome del capo della Cia, giusto pochi giorni prima, è stato citato pubblicamente nel dibattito per una futura candidatura presidenziale, senza smentite da parte dell’interessato. L’occasione dell’incontro non è la discussione di un dossier di sicurezza i



