Il 9 maggio scorso il parlamento europeo di Strasburgo ha inaugurato la Conferenza sul futuro dell’Europa, la prima grande consultazione che l’Unione europea apre alla sua cittadinanza. Ma chi se ne è accorto? Non i media né i social, a quanto pare.

Certo, a cercare in rete si trova il sito della piattaforma dedicata a questa iniziativa: futureu.europa.eu, dove ti dicono subito che «il futuro è nelle tue mani». Certo! Procedendo, ci si può inoltrare in una selva di iniziative, piccoli o grandi incontri locali. Sono divisi per temi: cambiamento climatico e ambiente; salute; economia-giustizia sociale-occupazione; Ue nel mondo; valori e diritti-stato di diritto-sicurezza; trasformazione digitale; democrazia europea; migrazione; istruzione-cultura-gioventù e sport; e infine altre idee.

Bisogna creare un profilo individuale o tramite un’associazione. Tutto bene: però, in che rapporti sta con il parlamento europeo questa ulteriore aggiunta di discussioni e riflessioni all’infinita conversazione che l’umanità intrattiene con sé stessa via webinar? Già i dirigenti delle associazioni federaliste paventano che questo complicato esercizio di democrazia partecipativa venga trasformato in una vasta consultazione a livello nazionale, e sia poi lasciato alle stesse istituzioni nazionali il compito di trarre le conseguenze del confronto. Emmanuel Macron ha annunciato durante la cerimonia d’apertura della Conferenza di volerla fare, questa consultazione. Ma non dovrebbe essere esattamente quello che spetta al parlamento europeo di fare, formulando quesiti chiari, a proposito almeno delle questioni più urgenti?

Non ne mancano certo. La questione delle migrazioni, oggi così drammaticamente male e ingiustamente gestite, se è vero che il nuovo Patto europeo per l’immigrazione e l’asilo, in questi mesi in costruzione, nonostante il nome prometta bene, a oggi «ripropone le politiche peggiori di un continente, il nostro, che ha scelto di rinunciare alla sua migliore storia e cultura» (Maso Notarianni, Domani, 22 maggio). La necessità di una politica estera comune europea, e di una difesa comune. Il disperato bisogno che il mondo ha di una voce indipendente di vera giustizia sulle spaventose violazioni dei diritti umani che impuniti capi di stato perpetrano ogni giorno.

La questione del veto di uno solo che impedisce all’Ue di prendere decisioni in troppe materie. La questione della sanità a livello europeo, e del resto del welfare per il futuro. Che strano: sia il presidente Draghi, sia l’attuale segretario del Pd Enrico Letta hanno intessuto i loro discorsi inaugurali riferimenti all’Ue come vera via del futuro. Ma perché allora né dal governo italiano né dal Pd viene una sola voce che aiuti in questa occasione la democrazia europea a prendere la parola, e in questo modo a nascere?

 

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