Quanto ci sta guastando la guerra in Ucraina? Quanto stiamo perdendo in tolleranza e principi democratici ? In ogni guerra i belligeranti riducono i diritti individuali e proprio il livello di questo abbassamento indica quanto forte o debole è una democrazia. Durante la seconda guerra mondiale l’obiezione di coscienza era garantita in Gran Bretagna, altro che traditori o pusillanimi. Basterebbe questo per caratterizzare, e ammirare, il sistema britannico. 

Oggi l’Italia fornisce  aiuti militari forniti all’Ucraina ma non per questo è diventata co-belligerante.  Quindi non ha alcun senso invocare un rally around the flag per difendere la patria in pericolo. Ne consegue che tutti i diritti civili e politici devono continuare ad essere pienamente garantiti, senza alcuna incrinatura.

Invece le liste di proscrizione dei filo-putiniani sono un pessimo segnale di debolezza democratica. Uno stupido maccartismo all’amatriciana.  Ognuno ha diritto di essere putiniano senza essere schedato o in altro modo sanzionato, o solo intimidito.

Se pensiamo che durante la guerra fredda c’erano milioni di comunisti che in tutta tranquillità inneggiavano a Stalin o applaudivano la repressione dei carri sovietici in Ungheria  nel 1956, viene da chiedersi quanti passi indietro stiamo facendo.

La libertà di pensiero ed espressione non è graziosamente consentita solo quando si manifestano posizioni in linea con quelle della maggioranza.

E’ un diritto insindacabile. Vale per chi fa affermazioni che non ci piacciono, per chi dice corbellerie, per chi esalta dittatori, da Vladimir Putin al sanguinario principe saudita Mohammed bin Salman (quello che ha ordinato di fare pezzi un giornalista, Jamal Kashoggi) .

La superficialità e pochezza della nostra cultura politica liberale si è di nuovo manifestata nella vicenda del concorso internazionale di violino organizzato a Gorizia. Prima sono state escluse le candidate russe. Poi, nel goffo tentativo di rimediare allo sproposito, gli organizzatori hanno fatto ancora di peggio. Hanno chiesto loro una pubblica abiura del regime putiniano. 

Siamo alla richiesta di auto da fé, di capi cosparsi di cenere per espiare le colpe del proprio stato. Nemmeno dopo la seconda guerra mondiale era prevalsa l’idea della colpa collettiva del popolo tedesco per le nefandezze hitleriane.

Primo Levi lo aveva espresso limpidamente scrivendo al suo editore tedesco: «Non comprendo, non sopporto che si giudichi un uomo non per quello che è, ma per il gruppo a cui gli accade di appartenere». Dobbiamo aggrapparci a queste riflessioni per recuperare senso della misura e convinzione nei nostri principi.

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