La vera questione è quale contentino sarà dato a Matteo Renzi per non fargli perdere (del tutto) la faccia. Il Pd, con una delle poche iniziative sottili di questi anni, ha mandato avanti il rompighiaccio fiorentino per mettere un po’ di sale sulla coda del premier Conte, salvo poi tirare il freno.

Il leader di Italia Viva, con l’impeto che lo contraddistingue, è partito lancia in resta contro il premier il quale, con fare sornione, ha acconsentito a vedere le carte. Quelle dei due azionisti di maggioranza si sono rivelate lisce, e infatti l’incontro dell’altro giorno è filato via tranquillo.

Quello con Italia Viva, provvidenzialmente rimandato per cercare una via di uscita onorevole, si prospetta più agitato, ma non si intravedono rotture insanabili. Perché non c’è altra via di uscita che non siano le elezioni. Il presidente della Repubblica ha dichiarato più volte che non vede alternative a questo governo altro che il voto. Ma una crisi politica nel pieno della pandemia e all’inizio della vaccinazione di massa metterebbe sotto stress qualsiasi sistema. E la stigmatizzazione di chi avrebbe provocato questo stato di cose sarebbe gigantesca.

Anche perché “l’Europa ci guarda”. In questi mesi, senza bisogno di trattati o fanfare, l’integrazione europea ha fatto passi da gigante, dal piano Next Generation Eu alle garanzie del Sure, dal Mes sanitario (che solo gli sprovveduti possono considerare un vincolo alla nostra sovranità) all’acquisto centralizzato di centinaia di milioni di dosi di vaccino da distribuire ai vari paesi dell’Unione, e anche al di là dei suoi confini. In nessun momento storico l’interazione tra i vari paesi europei è stata così fitta, sia a livello formale e istituzionale che negli scambi informali tra le cancellerie.

Tutti i paesi hanno cercato di capire, confrontandosi gli uni con gli altri, quale fosse la soluzione migliore per affrontare il Covid-19, senza peraltro trovare la best practice da imitare, visto il crollo di questi giorni del mito dell’efficienza tedesca.

Per questo i partner europei rimarrebbero sconcertati nel vedere il nostro paese ancora in preda a convulsioni politiche. E pagheremmo, presto o tardi, l’inevitabile, negativa considerazione.  Se questo vale a livello europeo, ancor più pesa sul piano interno: la prospettiva di una crisi di governo stride con la domanda di stablità, compatezza ed efficienza che viene dall’opinione pubblica.  

A Renzi non rimane che fare marcia indietro rispetto ai suoi bellicosi propositi.  Non ha altre sponde che non siano Matteo Salvini e Giorgia Meloni, i quali hanno tanto elogiato il suo intervento “di opposizione” in parlamento. Forza Italia non riesce a staccarsi dagli alleati e, in più, non è ancora un ospite gradito. Cinque stelle e Pd si accontentano di limare le unghie a Conte.

Il presidente della Repubblica sorveglia e guida con la sua saggezza. E come perdonò Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista per le loro (vergognose) intemerate quando bocciò l’indicazione di Paolo Savona come ministro dell’Economia, anche questa volta si adopererà per riportare all’ovile la pecora nera.

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