Non può essere questo governo a continuare a gestire la pandemia. Il continuo richiamo del presidente del Consiglo Giuseppe Conte alla “responsabilità individuale” si fonda su un presupposto: la fiducia da parte dei cittadini nelle istituzioni che chiedono - o impongono - loro di cambiare il proprio stile di vita in nome di un interesse collettivo. Se quella fiducia viene meno, nessun Dpcm o stato di emergenza otterà risultati.

Il teorico della sovranità assoluta dello stato, Thomas Hobbes, ammetteva un unico caso nel quale è legittimo ribellarsi al sovrano: quando questo non è in grado di raggiungere l’obiettivo minimo, cioè garantire l’incolumità fisica dei cittadini. Il governo Conte non è in grado. Lo dicono cento accademici dei Lincei, cominciano a dirlo alcuni ministri e consulenti dell’esecutivo, lo afferma chiunque abbia le competenze per leggere le curve del contagio. 

Eppure, ancora domenica Conte ha seguito un approccio che conduce al disastro: ha annunciato misure “proporzionate” e “adeguate” ai dati, quando ormai sappiamo che l’unico modo per contenere l’infezione è adottare misure che sembrano sproporzionate ed eccessive nel momento in cui entrano in vigore perché i dati arrivano tardi rispetto a quando il contagio è avvenuto. 

Il premier si è premurato di promettere indennizzi a chi subisce danni economici, ma non ha espresso una sola idea su come avere i dati sufficienti a prendere misure ragionate invece che a caso (chiudiamo i ristoranti e non le fabbriche perché il contagio passa dai ristoranti? Non si sa). 

Il sistema di tracciamento dei contagi e di intervento è adeguato dice Conte, ma non funziona se ci sono troppi positivi, che non è un dettaglio da poco: quindi stringiamo i denti ora, arriviamo a Natale, ci godiamo le feste, come promette il premier, e poi si ricomincia da capo. Contagi, morti, assedio agli ospedali, altri lockdown, dichiarati o meno. 

L’azione del governo parte da una ipotesi errata: che la prima fase dell’epidemia sia stata gestita bene. Non è così. E’ stata un disastro, la situazione è tornata sotto controllo a maggio e giugno soltanto grazie a un lockdown generale reso inevitabile dagli insuccessi precedenti. Il confinamento domestico è stato rispettato dalla popolazione nell’attesa dell’estate, del vaccino, del ritorno alla normalità.  Il lockdown scatta quando fallisce la politica e funziona se c’è fiducia. Ora il governo Conte ripete gli stessi errori, senza più alcun alibi, perché sappiamo cosa succederà e con l’aggravente di aver avuto mesi per farsi trovare pronto. Mesi comprati al prezzo della vita e dei redditi di molte persone che si sono sacrificate per dare loro il tempo di prepararsi. Non è servito.

Conte e i suoi hanno fallito nella prima ondata, hanno fallito nel prevenire la seconda, hanno fallito nel prendere le misure necessarie in tempo utile dopo che il contagio era ripartito. E ora non hanno la credibilità per chiedere ad alcuni di sacrificarsi e ad altri di morire in nome di una strategia che è soltanto inseguire gli eventi. 

Spetta ai partiti di maggioranza, e al presidente della Repubblica, assicurarsi che ci sia un governo funzionante e credibile in un momento come questo, non un gruppo dirigente che sembra interessato soltanto a lasciare ad altri le proprie responsabilità. Le formule possibili sono molte, a parità di maggioranza o coinvolgendo le opposizioni, ma di sicuro non si può continuare con un governo di cui neppure i suoi ministri si fidano più, figurarsi i cittadini.

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