«Non promette solo di sfamare i non privilegiati per i prossimi dieci anni, distribuisce cosce di pollo fritto e il ventriglio insieme alla Salvezza. Che ne dite di averlo come presidente?». È il 1936 e Franklin Delano Roosevelt perde le elezioni per il secondo mandato da presidente Usa.

Vince il populista Berzelius Windrip, il quale in poco tempo instaura una dittatura di matrice nazi-fascista. Il senatore “Buzz” fa propaganda e promesse di riforme economiche e sociali draconiane, perora il patriottismo, il ritorno alla capanna dei vecchi e cari valori della tradizione, il mito della città splendente sulla collina. Windrip riceve il favore elettorale e una volta presidente è abile a dominare l’intera macchina governativa anche grazie allo spregiudicato sostegno di gruppi paramilitari, del tutto analoghi alle squadre fasciste che avevano issato i vessilli del potere autoritario in Germania e sud Europa partendo da un lussuoso hotel di Perugia.

Importanti reverendi accolsero l’elezione del senatore come la «caduta benedetta dal cielo di pioggia rivitalizzante su una terra arida e assetata». Anche il potere temporale ne prese le difese: la milizia lo considerava dio e generale e quando fu incriminato per corruzione si comportò come se fosse la sua armata privata e occupò il parlamento e gli uffici statali e tutte le strade che conducevano al Campidoglio. C’è un osservatore, inerme, imbelle, forse un po’ vile, innocuo per le mire del nuovo governo.

Doremus Jessup (in parte metafora degli odierni partiti, opinione pubblica, stampa e media in genere), vecchio giornalista del Vermont, vede la sua vita e ciò in cui credeva spazzato via, mentre tutti intorno acclamano il nuovo condottiero, cui pure egli si oppone pervicace. Man mano che i mesi passano, la speranza che il paese possa resistere alla tirannia svanisce, e quella che sembrava una dittatura da operetta si trasforma in un regime violento e dispotico.

Tutto ciò, un’invenzione letteraria, è quanto de-scrive Sinclair Lewis in un racconto distopico agghiacciante quanto ad analisi e capacità di intra-vedere nelle faglie della democrazia. Nessuna predizione, nessuna anticipazione, solo una precisa disamina dei gangli del potere e di come possano far pendere la bilancia istituzionale verso scenari non democratici se non si attivano anticorpi permanenti, sistematici e forti.

Qui non può succedere (edizioni Chiarelettere) pone un macigno sul dibattito sulle sorti della democrazia, negli Stati Uniti e altrove. Oscillare tra reiterati messaggi di pericolo per qualsiasi azione condotta ovvero sottovalutare sistematicamente confidando ciecamente nelle intrinseche virtù democratiche, sono comportamenti speculari che impediscono di vedere, capire e rispondere in tempo ed efficacemente alle minacce autoritarie. Con questo brillante esperimento letterario Lewis riesce ad aprirci gli occhi sul pericolo costante rappresentato dal tramonto delle democrazie: non un fatto del passato, ma un rischio più che mai attuale, il romanzo che ha preannunciato l'avvento di una dittatura in America.

Il volume uscì nel 1935, prima che il mondo conoscesse la Seconda guerra mondiale e scoprisse l’orrore dei lager, Qui non può succedere è un’aberrante distopia e un monito su ciò che sarebbe potuto accadere in America al pari dell’Europa, ma si si è rivelato un romanzo profetico per gli Usa odierni. Il punto cruciale è che Lewis scruta con ironia e spietato cinismo quanto può sempre succedere, in qualsiasi parte delle società politiche umane. Il duo Vence-Trump ha tutti i crismi per instaurare negli States un modello di capitalismo post-finanziario e tecnologico in grado di stravolgere le basi degli stati per come si sono sviluppati dal 1600. Da un lato le consuete maniere delle satrapie, dall’altro l’apparizione ancora in divenire di un nuovo tipo di società e tipo di regime.

Un’ideologia forte, come nei regimi totalitari, e (per ora) un controllo meno asfissiante che in Urss o nel Terzo Reich, e un pluralismo sempre più limitato e ristretto. La democrazia del padrone. La tripartizione del potere è meno solida, la sovrapposizione tra esecutivo e legislativo, ma soprattutto tra partito e capo rendono la Casa Bianca fulcro come mai. Anche grazie alla chiamata diretta, e permanente, di mobilitazione fatta attraverso mass media controllati e proni alle minacce di purghe del potere. Non c’è dunque un flusso di esportazione del fascismo che dalla vecchia Europa si propaga nelle “Americhe”: ogni sistema di governo può sviluppare e muovere verso la fine della democrazia e le similitudini con Hitler o il duce sono quasi secondarie.

Il 6 gennaio 2021 è stato un ballon d’essai, una prova, uno stress test per il sistema istituzionale, che ha retto, ha reagito e gettato in avanti il pericolo. Trump è però rimasto saldo, è tornato al potere scarnificando ogni canone, ogni regola, ogni diplomazia. La sua ascesa allo Studio Ovale è paradossalmente il segno che la democrazia (ancora) tiene, ma è anche il realismo del virus che sta dilagando senza che gli anticorpi abbiano tempo per farvi fronte. Il moderno senatore Windrip/Trump oggi governa e molti suoi concittadini lo sostengono, mentre la restante parte pensa che il modello corporativista (come Salazar e Mussolini in Europa) americano semplicemente “qui non può esistere” e quindi si auto-rassicura e autoassolve, ma è una pia illusione. Può succedere ancora, è già successo. Sta succedendo.

© Riproduzione riservata