Il traguardo è raggiunto. Le cinquecentomila firme sono state raccolte: avremo il referendum sulla legalizzazione della cannabis. Tutti hanno, abbiamo, esultato. Quanto più si toglie terra sotto i piedi della criminalità tanto è meglio, e su questo poco o nulla si ha da dire. Senza contare un altro dato meno sottolineato dai tanti commenti: il controllo della sostanza. Anche le droghe leggere, la canapa indiana, come ogni altro elemento della natura può essere lavorato, manipolato, tanto è vero che moltissima erba e hashish proveniente dal nord Europa è dichiaratamente ogm.

Il motivo è presto detto: un aumento delle percentuali di Thc nella sostanza. Il Thc, tetraidrocannabinolo, è il principio psicoattivo della cannabis. Quindi, droghe leggere più forti, droghe che di leggero, al dunque, hanno davvero poco. Basta andare ad Amsterdam, oggi meno di ieri per la verità, per fumare varietà di marijuana non molto diversa, per effetti, da sostanze come Lsd o altri psichedelici. Avremo meno crimini legati al consumo di cannabis e maggiore controllo della qualità. Altro dato positivo: legalizzare vuol dire svuotare le carceri del nostro paese, piene allo sfinimento, di tutti quei detenuti per reati correlati alla cannabis. E visto lo stato del nostro sistema penitenziario, anche qui, chi può dire qualcosa? Si vada al voto per il sì. Con la speranza di vincere.

Tutto giusto, lineare, inappuntabile. Poi? Dopo la legalizzazione? Dopo che ogni cittadino italiano potrà acquistare cannabis liberamente, cosa accadrà? Una prima vocina maligna, da adolescente sballato, s’insinua sussurrando: «Non avete capito un cazzo, a noi del fumo interessa, certo, ma avete mai provato Xanax e Rivotril assieme a mezza bottiglia di grappa?». Cosa ci vorrà dire questa vocina? Semplice. Oggi il mondo del consumo di sostanze psicotrope si è ibridato, ballando costantemente al limite tra droga illegale e sostanza legale, usata in termini impropri ovviamente. Dunque, la prima vocina adolescente dice: siete un poco arrivati tardi. Siete proprio vecchi, roba da secondo Novecento.

Ma ecco una seconda vocina di quindicenne entrare nelle orecchie: «Grazie, così non dovremo comprarla alla stazione ma al tabacchi, ma sempre ai parcheggi del centro commerciale andremo, dalle 14 del pomeriggio sino alle 21 di sera, a fumare, otto, nove grammi di fumo buono controllato dallo stato». Questa seconda vocina esprime chiaramente, drammaticamente, un’altra questione, forse la più importante di tutte. Al centro non c’è mai la sostanza, al centro dovremmo esserci noi, noi esseri umani, le persone.

Quando il nostro paese avvierà un’educazione al consumo di stupefacenti? Perché vietarle è da imbecilli, ma liberarne il consumo senza spiegare con conoscenza e disponibilità gli effetti possibili rischia di diventare un crimine contro l’umanità. Non lo dice lo scrivente, ma l’Oms. L’esplosione della malattia psichiatrica al di sotto dei venticinque anni è in rapporto uno a uno con il consumo di sostanze.

Avete capito bene. Le droghe, anche quelle leggere, sono la porta del disturbo psichiatrico, spesso grave. Ma cosa vuol dire mettere al centro la persona ed educare al consumo? Vuol dire essere consapevoli di tutta una serie di fattori umani, sociali, che non possono essere nascosti sotto il tappeto. Una sostanza, legale o illegale, ha un effetto a seconda della persona che la assume. Date a un malato di ulcera un’aspirina a stomaco vuoto e dovrete portarlo in ospedale.

L’esempio banale serve solo a rendere chiaro il concetto. La sostanza ha un effetto diverso per ognuno di noi, senza contare altri aspetti che in pochi considerano, ma che sono noti a chi ha fatto uso di sostanze e ha vissuto dipendenze. Nel consumo di droghe tutto conta, a partire dalla psiche, ovviamente, ma non di meno conta la struttura fisica, il peso. Non è un caso che molti farmaci vengano prescritti in dosi diverse proprio obbedendo a queste caratteristiche. Gli esempi potrebbero essere infiniti.

Non glorificare

Ma il dato ancora più grave, per certi aspetti infame, è un altro ancora. Le droghe esistono, tra ricchi e poveri, tra chi ha strutture sociali ed economiche pronte a sorreggerlo in caso di difficoltà e chi queste fortune non le possiede. Le droghe le consumano i giovani e i vecchi. I vecchi che sono arrivati alla tarda età continuando a consumare sostanze, spesso tra le più pesanti, hanno avuto semplicemente la fortuna di avere dalla loro un fisico di buona tempra e la dote più importante di tutte.

Rullo di tamburi. La capacità di sapersi gestire, di saper dialogare con la sostanza, il rispetto del proprio corpo. Ma è una capacità che si scopre a posteriori. Lo scrivente, per esempio, non ce l’ha avuta. Educare al consumo. Smetterla con questo bigottismo insopportabile, la demonizzazione idiota, ma finirla pure con la glorificazione facile facile. Perché che sia in un testo di canzone, in un film o un libro, fare l’occhiolino ai giovani su questo tema fa sempre fatturare. Una volta fatevi una bella passeggiata al centro di salute mentale che avete più vicino casa, fatevi una chiacchierata con chi lavora lì dentro, lottando, amando i propri pazienti. Liberare sempre, educare anche di più.

 

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