La strada ora è tracciata: la destra si può battere

La destra si può battere. Con l’unità delle forze di opposizione. Il risultato delle regionali ci consegna questa prospettiva, per il 2027. E se rivela la debolezza della premier (pesantemente sconfitta al Sud e con il suo partito doppiato dalla Lega in Veneto), dimostra la sostanziale fondatezza della strategia di Elly Schlein: costruire una coalizione che vada dai Cinque stelle e Avs a quelle forze liberali che non vogliono consegnare l’Italia agli alleati di Donald Trump, e con il Pd come baricentro. Ora si apre quindi la partita decisiva per il futuro dell’Italia. Tutti i partiti di opposizione sono chiamati a proseguire responsabilmente sulla strada dell’unità: le conseguenze di ripetere l’errore del 2022 sarebbero imperdonabili, a questo punto, forse irrimediabili. Ciò premesso, si pongono due ordini di problemi. Lacrime napulitane. Meloni perde ovunque e la Lega vola in Veneto La legge elettorale Il primo può venire dalla destra: cambiare la legge elettorale, per averne una sulla carta più favorevole (ad esempio, un proporzionale con premio di maggioranza). Nel dicembre 2005 Silvio Berlusconi, per primo, ha cambiato la legge elettorale senza il consenso dell’opposizione, a suo vantaggio, e poco prima del voto, introducendo un proporzionale con premio di maggioranza. Peraltro ha ottenuto l’effetto opposto: proprio la sua legge ha trasformato un quasi pareggio nei voti in una netta sconfitta in seggi. Il centro-sinistra ha fatto poi qualcosa di analogo nel 2017, varando l’attuale legge elettorale, con l’intento di danneggiare il principale avversario politico di allora, i Cinque stelle, considerati più deboli nei collegi uninominali che venivano in parte reintrodotti. Anche allora, con l’effetto opposto: i Cinque stelle hanno vinto nella gran parte dei collegi uninominali del Sud ottenendo, alla fine, una percentuale di seggi superiore a quella dei loro voti. Il punto però non è questo: non è chi ci guadagna e chi ci perde (e il conto come si vede può rivelarsi ingannevole). E nemmeno la preferibilità o meno di un sistema elettorale. Il punto è di principio: la legge elettorale non si cambia a colpi di maggioranza e non si cambia a ridosso del voto, per trarne vantaggio. Questa pratica rappresenta un grave vulnus alle regole di una democrazia liberale. E il fatto che se ne sia servito anche il centro-sinistra, in passato, non la giustifica in alcun modo. Se la destra volesse quindi modificare la legge elettorale, nei prossimi mesi, tutte le forze di opposizione dovrebbero opporsi senza cedimenti. E per un tema di metodo, innanzitutto: dal quale però dipende in maniera cruciale la nostra vita democratica. Fico bene, Decaro a valanga. Schlein fa rotta verso Napoli, la sua scommessa più difficile Il centro-sinistra Il secondo problema è nel centro-sinistra. La destra si presenta con una visione, conservatrice e regressiva, certo, ma a suo modo coerente, dell’Italia. Alle forze di centro-sinistra, per il voto nazionale, la mera somma dei partiti potrebbe non bastare. Lì infatti l’affluenza sarà più alta e occorre mobilitare anche il voto di opinione. Bisogna per questo costruire un’idea del futuro dell’Italia, in grado di appassionare. Ora, il bello è che sulla carta tutto questo è possibile. Anzi, è proprio qui che la destra si può battere. Il tema di fondo è il declino del nostro paese: economico, demografico, civile e culturale. Un declino che il governo Meloni in questi anni non solo non ha fermato ma anzi ha, per molti versi, aggravato. Né poteva fare altrimenti. Perché l’unica risposta efficace al declino è quella di una politica progressista e riformatrice: che metta al centro la lotta alle disuguaglianze, con la riforma progressiva del fisco, il rafforzamento dei beni pubblici da noi drammaticamente carenti rispetto agli altri paesi avanzati (dall’istruzione e innovazione al welfare), l’innovazione tecnologica a partire dalla transizione energetica (da cui avremmo enormi benefici, come accade in Spagna), la dignità del lavoro, politiche sociali e migratorie fondate sull’integrazione virtuosa e non sull’esclusione discriminatoria. Su questo il centro-sinistra, insieme, dovrà lavorare: se vuole cambiare in meglio la storia d’Italia.