Fa abbastanza impressione vedere la nuova campagna pubblicitaria della Mediolanum dopo aver letto i dati Istat sulla denatalità italiana. Il Covid e la crisi ci hanno lasciato un paese con molti più morti e molti meno neonati.

La campagna della Mediolanum è improntata, come ormai la quasi totalità, della pubblicità nell’era pandemia, all’empatia e alla rassicurazione. Il messaggio chiave riguarda l’importanza della pianificazione famigliare.

Come è avvenuto anche per la campagna del Consorzio del Parmigiano Reggiano, anche in questo lungo spot si è voluto mescolare il linguaggio cinematografico con quello pubblicitario, producendo un corto, di undici minuti circa, da cui poi estrapolare delle clip da usare sia in tv che sui social, above the line e below the line come si usa dire in pubblicità. In questo caso lo stile è meno maldestro.

La realizzazione del corto intitolato L’uomo che inventò il futuro è stata affidata al regista Fernan Ozpetek che ha avuto meno arroganza di Paolo Genovese per il Parmigiano e si è affidato a una sceneggiatura e attori più credibili e a un’idea del creativo Roberto Vella per l’agenzia Armando Testa.

Un anno fa un prodotto simile – un corto pubblicitario – era stato realizzato sempre da Vella/Testa per Mediolanum con Anna Foglietta, intitolato Raccontami di me con la regia di Laura Cascione.

La storia dell’Uomo che inventò il futuro è semplice. C’è una famiglia borghese una sera qualunque prima di andare: un padre molto giovanile, una madre uscita con le amiche, un figlio scazzato in camera sua a giocare. Il padre entra in camera del figlio e cerca un dialogo: “Ma non hai scuola domani?”, “Capirai”, “Perché capirai? La scuola è importante, è importante per te, per il tuo futuro”, “Futuro… come vi piace a voi sta parola, eh?”.

Da lì in poi il padre cerca di convincere il figlio che il futuro non è una parola vuota, e lo fa raccontandogli una specie di parabola, “l’uomo che inventò il futuro appunto”, in cui il padre in realtà trasfigura la propria storia famigliare, il fidanzamento l’amore la paternità.

Il figlio rimane incantato. Fotografia e musica di sottofondo e uno slittamento dei piani temporali in cui si annullano flashback e flashforward enfatizzano il senso del messaggio che il padre sta cercando di dare al figlio: anche lui era scazzato alla sua età ma poi ha trovato un senso nella vita, ossia mettere su famiglia.

Lo sforzo produttivo per questo corto è stato significativo per il panorama italiano, la presentazione è stata fatta in pompa magna al The Space di Roma invitando anche un critico militante come Gianni Canova ridotto un po’ al ruolo di cortigiano di Massimo Doris, figlio di Ennio, e amministratore delegato di Mediolanum.

Nello stile melenso e avvolgente di Ozpetek non si nota uno slittamento: la questione che il figlio pone al padre viene bellamente elusa. All’interrogativo sul senso della scuola il padre risponde tracciando ad usum delphini un orizzonte di pura realizzazione personale all’interno di un ruolo famigliare già stabilito.

Come nell’altro Raccontami di me, anche qui l’unico futuro auspicabile per le prossime generazioni è quello dei padri, delle madri e delle nonne; mentre qualunque interesse sociale e qualunque trasformazione del pianeta è insignificante.

Aldilà dell’ambientazione confortevolissima, il messaggio di Mediolanum risulta spaventoso: nulla cambia, la realizzazione personale è l’unica ancora rispetto alle nebbie e ai marosi del futuro, questa realizzazione corrisponde al ripercorrere le orme dei propri genitori – insomma una famiglia borghese.

Che un tale impegno produttivo produca un così esile immaginario fa un po’ rabbia, quando la risposta che viene data al disagio e all’insicurezza di chi ha 18 o 25 anni sia solo uno stolido paternalismo.

© Riproduzione riservata