Alla fine di ogni catastrofe, guerra, terremoto o pandemia, prorompe il desiderio di voltar pagina. E chi interpreta per primo e più credibilmente questo sentimento ha il vento nelle ali. La presidente della regione di Madrid, Isabel Díaz Ayuso, che contro ogni raccomandazione ha rischiato su una città aperta, senza quasi restrizioni, è stata plebiscitata dall’elettorato.

Anche in Italia i partiti che si sono intestati il desiderio di ritornare alla vita normale trarranno profitti politici. La Lega è stata sempre in prima fila a chiedere la fine delle restrizioni. Lo faceva persino nella primavera scorsa, quando a Bergamo sfilavano i camion militari pieni di bare, e l’ineffabile duo lombardo Fontana-Gallera metteva i bastoni tra le ruote al governo e al prudentissimo ministro della Salute, Roberto Speranza. Benché talvolta dovesse mordere il freno, Matteo Salvini ha più di ogni altro dato voce, in sintonia con il suo idolo Donald Trump, a un sottile negazionismo, appoggiando chi scalpitava per ritornare al pre-pandemia, come le famose/famigerate discoteche sarde. Strano che proprio il caso sardo, una regione che è passata in un mese dall’essere l’unica bianca a diventare l’unica rossa non abbia insegnato nulla. Ma tant’è.

Tra esasperazioni per i divieti e sofferenza economica, l’opposizione contro i rigoristi aumenta di giorno in giorno.

Potremmo anche pagare il “liberi tutti” con un aumento di ricoverati e di morti, ma la voglia di normalità tracima con una tale forza che tutto questo sarà lasciato dietro le spalle. Dopo più di un anno di guerra ci si abitua ai lutti. Il dolore diventa individuale, perde la sua dimensione collettiva. La pulsione antropologica dell’istinto di sopravvivenza porta a guardare avanti. Ed è innegabile che l’aspirazione a una vita quotidiana scandita da abitudini e ritmi consueti investa tutti, anche i più prudenti.

Se poi questa pulsione viene ammantata dal riferimento, magari posticcio e indebito ma sempre d’effetto, alla “libertà”, che in Italia si coniuga spesso con individualismo menefreghista, il messaggio della destra travolge ogni barriera: diventa vincente.

Alla sinistra, rigorista e coscienziosa, rimarrà impresso il marchio cupo dei limiti, dei divieti, delle chiusure. Un pessimo viatico per mobilitare il consenso, come si è visto a Madrid.

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