A seguire la strategia di comunicazione e le scelte del governo sul Pnrr sembra che l’obiettivo di Fitto e Meloni sia di replicare, in grande, quanto avviene da anni con la gestione dei fondi strutturali europei. Dove nessuno prova neanche più a capire cosa si sta realizzando, con quali obiettivi, del perché sia così difficile spendere le risorse che Bruxelles ci mette a disposizione.

Certo, per la dimensione degli investimenti in gioco l’operazione non è semplice, ma il calo costante dell’attenzione pubblica e delle attese nei confronti del Recovery plan italiano sono già un primo risultato di questa strategia. La negoziazione in corso con Bruxelles ha l’obiettivo di ridurre il numero degli interventi per evitare disastrosi ritardi ma non è interesse del governo di aprire un confronto su come far diventare questo programma da 191 miliardi di Euro un’opportunità per il paese. Non è interesse, semplicemente, perché non si è d’accordo con quel programma e con l’idea proposta di rilancio post pandemia.

È evidente che i pilastri del Next generation Eu sono in conflitto con le idee della destra italiana ed europea che si prepara alle elezioni del prossimo anno. E doversi trovare a gestire miliardi di euro di investimenti per accelerare la transizione ecologica e digitale, rafforzare la coesione sociale e ridurre distanze e disuguaglianze è un problema per chi non è d’accordo su queste priorità.

Ad aiutarci a capire la partita politica in gioco è un libro recente di Gianfranco Viesti con un titolo che va al cuore della discussione di cui abbiamo bisogno per capire se e come Riuscirà il Pnrr a rilanciare l’Italia?. Un contributo importante perché aiuta a fissare i termini del confronto e le domande da porsi nel seguire l’andamento dei lavori secondo le scadenze fissate dal programma.

Di sicuro per un paese che negli ultimi venti anni ha perso ricchezza e competitività sprecare questa occasione sarebbe un errore gravissimo. Fatale per tante aree del paese che finalmente vedono un ritorno di attenzione e opportunità insperate per recuperare ritardi sociali e ambientali, attrattività. Senza dimenticare, quanto un fallimento italiano avrebbe conseguenze sull’Europa e sull’idea di solidarietà e rilancio dell’impegno comune tra gli stati.

Il libro non lesina le critiche agli errori: dall’impostazione per linee di intervento in parallelo senza una chiara visione, all’assenza di qualsiasi dibattito sulle scelte effettuate, ai criteri per velocizzare i cantieri e selezionare i progetti dai territori con effetti nefasti per le regioni del sud, in particolare rispetto alle dotazioni di asili, fino alle contraddizioni nelle scelte di finanziamento, ad esempio, per le università e per le imprese.

Contraddizioni e problemi che dipendono anche dalla stessa composizione del governo Draghi, con una montagna di risorse da investire per accelerare la transizione ecologica con un ministro come Cingolani contrario a questa prospettiva e dall’altra uno fortemente impegnato come Giovannini.

Le domande al governo

L’errore che non va commesso in questa nuova fase di gestione del Pnrr che si sta per aprire, dopo la ridefinizione della governance e la rinegoziazione degli interventi con Bruxelles, è di concentrare l’attenzione sulla quantità e capacità di spesa e sui ritardi dei progetti.

Non è di questo che bisogna chiedere conto alla Meloni, oltretutto è un compito che svolgerà senza sconti la Commissione europea, ma di come si aiutano le persone ad avere una sanità che funzioni in ogni parte del paese, di come garantire l’accesso agli asili per tutti i bambini, che si possa disporre di migliori connessioni digitali e ferroviarie nei territori, di come supportare i progetti di innovazione industriale, di rigenerazione urbana e di rilancio delle aree più in difficoltà.

Il rischio vero è che questi temi scompaiano dall’agenda politica. Uno scenario assai concreto, ad esempio, per le aree urbane che già sono tornate nell’ombra dell’attenzione delle politiche nazionali. Una grande e positiva novità portata dal Pnrr è stata la mole di investimenti senza precedenti che si vedrà da Torino a Palermo per nuove linee di tram e autobus moderni, per la riqualificazione di scuole e quartieri, spazi verdi. 

Il problema è che questa fase rischia di rimanere un’eccezione se non si apre una discussione su come questi interventi possano innescare un processo virtuoso che possa continuare anche dopo il 2026. Il libro di Viesti aiuta a mettere in evidenza come passi da qui la possibilità per l’opposizione di svelare la pochezza delle idee e l’inadeguatezza degli slogan di questo Governo rispetto ai problemi del Paese.

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