«Per il fisco stiamo considerando tutte le possibilità», ha affermato il presidente del Consiglio, Mario Draghi, il 6 aprile scorso, in conferenza stampa dopo l'approvazione del Documento di economia e finanza, quando gli è stato chiesto se il Governo intendesse porre la fiducia sul disegno di legge di delega per la riforma fiscale. Non è la prima volta che un esecutivo ricorre a questo meccanismo per l’approvazione di una proposta di legge delega. Ma vi sono molti profili di criticità.

Il parlamento depotenziato

Il ricorso alla questione di fiducia su un disegno di legge delega va inquadrato nell’ambito di un mutamento degli equilibri istituzionali in corso da diversi anni. Il Parlamento ha un peso sempre minore nella produzione legislativa, ponendosi progressivamente come semplice “ratificatore” delle scelte del Governo, il cui ruolo normativo si è andato espandendo in misura corrispondente. Questo fenomeno di slittamento del potere legislativo dal parlamento al governo si è concretizzato - tra le altre cose - attraverso l’abuso del ricorso ai decreti-legge, la reiterazione delle questioni di fiducia e, da ultimo, nel corso della pandemia, anche con i poteri di ordinanza esercitati da parte del presidente del Consiglio in forma di Dpcm.

Anche l’uso sempre più frequente e ampio della delega legislativa - strumento normativo attraverso il quale il Parlamento attribuisce al Governo la facoltà di disciplinare, tramite decreti legislativi, una determinata materia - ha concorso al rilevato slittamento del potere legislativo verso il titolare del potere esecutivo.

La delega legislativa

18/02/2021 Roma, Aula della Camera, discussione generale per la fiducia al governo Draghi,nella foto il presidente del Consiglio Mario Draghi

La delega legislativa rappresenta un’eccezione al normale esercizio della funzione legislativa, che spetta collettivamente alle due Camere (art. 70 Cost.).

Ai sensi della Costituzione, deve essere il delegante – il Parlamento - a stabilire oggetto, termine, principi e criteri direttivi che il delegato – il Governo - deve seguire nell’esercizio della funzione che gli viene conferita (art. 76 Cost.).

Invece, l’esecutivo è andato via via assumendo un ruolo sempre più importante in questo processo, attraverso l’esercizio del potere di iniziativa legislativa, di cui dispone ai sensi della Costituzione (art. 71). Avvalendosi di tale potere, infatti, il governo può presentare disegni di legge delega, sostanziando e confezionando la proposta mediante la quale il parlamento rinuncia temporaneamente, a favore del Governo stesso, alla funzione legislativa.

Anche in questo caso, tuttavia, il parlamento dovrebbe sempre poter incidere sul contenuto e sugli elementi essenziali della delega, per non snaturare il principio su cui si fonda l’istituto. Invece, nel corso del tempo, questo principio è stato forzato in vario modo.

Basti pensare al sempre maggiore ricorso, negli anni, da parte del Governo alla questione di fiducia posta su maxi-emendamenti sostitutivi dell’intero testo di disegni di legge delega, anche su temi di particolare importanza.

Le criticità

È vero che il ricorso alla questione di fiducia su una legge delega consente all’esecutivo di assicurarsi una sicura e tempestiva approvazione parlamentare. Ma in questo modo l’esecutivo stesso, dopo aver predisposto per sé la delega che poi gli sarà formalmente conferita dal parlamento, finisce addirittura per privare quest’ultimo di ogni possibilità di discussione e attività emendativa, lasciando come unica opzione l’approvazione in toto del disegno di legge per evitare una crisi.

In altre parole, il governo formalmente chiede al Parlamento una delega a legiferare mediante un disegno di legge, ma nella sostanza si “auto-conferisce” tale delega, togliendo al delegante “formale” ogni possibilità di intervento.

Peraltro, si tratta di deleghe che talora contengono principi e criteri direttivi così vaghi e generici o oggetti talmente ampi da consentire il più esteso potere decisionale all’esecutivo attraverso i decreti delegati. Ciò è grave, soprattutto quando riguarda deleghe legislative di particolare importanza.

È palese il corto circuito che si realizza ove il parlamento sia di fatto “costretto”, per il tramite della fiducia su una legge delega, non solo a rinunciare all’esercizio della funzione legislativa - cosa che ormai accade ordinariamente, come detto - ma pure a farlo alle condizioni e nei termini stabiliti dal soggetto a cui la funzione viene conferita, cioè il governo. Infatti, attraverso la descritta “scorciatoia”, quest’ultimo si appropria del potere legislativo senza alcun contrappeso istituzionale e con buona pace della divisione fra poteri dello Stato.

Andrebbe, quindi, evitato di porre la questione di fiducia su disegni di leggi di delega. Non solo per non aggravare quella “deparlamentarizzazione del sistema politico” che va avanti molti anni, determinando la progressiva perdita di centralità del principio di rappresentanza democratica; ma anche per evitare che la torsione di meccanismi sui quali si regge il sistema istituzionale, messi sempre più in tensione, finisca per comprometterne in misura ancora maggiore i già delicati equilibri.

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