È vero che c’è la guerra, ma le regole della democrazia sono ancora più importanti. E noi ci avviamo alle prossime elezioni senza aver modificato l’attuale, nefasto, sistema elettorale.

Un sistema misto, con doppia soglia di sbarramento, con liste bloccate, che consente presentazioni multiple e che ha portato in parlamento 11 formazioni, anche se solo 6 hanno superato la soglia di sbarramento del 3 per cento. Siamo a meno di un anno dal rinnovo delle camere e la discussione su una nuova legge in merito rimane in alto mare. Dei tanti difetti del sistema attualmente in vigore il più grave consiste nel non consentire al cittadino di capire come i propri voti saranno trasformati in seggi.

Per riportare nelle mani degli elettori un effettivo potere di scelta va adottato un sistema chiaro, semplice, comprensibile, indipendentemente dagli interessi contingenti di qualche partito. Le strade sono sempre due: o un sistema proporzionale con qualche clausola di sbarramento – se un partito non raggiunge una certa percentuale rimane fuori; o un sistema maggioritario in cui si elegge un rappresentante, e uno solo, in ciascun collegio (che devono essere tanti quanti sono i deputati e i senatori da eleggere: 400 e 200 rispettivamente).

Nel caso si scelga il proporzionale si avrà una fotografia abbastanza fedele delle opinioni dei cittadini; poi il parlamento troverà una maggioranza al suo interno. Esattamente come accade in Germania. Nel caso si scelga il maggioritario ci sono due varianti possibili: il metodo inglese, per cui chi arriva primo conquista il seggio, o il metodo francese a due turni nel quale, se nessuno ottiene il 50 per cento più uno dei voti si va a un secondo turno, al quale accedono solo coloro che hanno superato al primo turno una certa soglia.

Il sistema francese gode di un grande vantaggio rispetto agli altri perché coniuga governabilità e rappresentanza: consente a tutti i partiti di presentarsi all’elettorato con la propria specificità e identità (nel primo turno) e rende inevitabile la costituzione di coalizioni per vincere in ciascun collegio (nel secondo turno, ma spesso anche al primo).

Inoltre, aumenta la legittimità degli eletti, dato che i candidati vincono quasi sempre con maggioranze superiori al 50 per cento, e favorisce la vicinanza tra eletti ed elettori grazie alla competizione nei collegi uninominali. Infine, e non ultimo, tende a sottorappresentare le forze politiche estreme. Questi indiscutibili meriti dovrebbero orientare le scelte dei nostri parlamentari. Se per una volta guardassero agli interessi generali e non quelli della loro fazione. E comunque è tempo di decidere.

 

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