Il governo Conte II ha rappresentato un cambiamento radicale nell’approccio italiano alle vicende europee.

Nel Conte I, la Lega aveva imposto una politica di marcata contrapposizione ad alcune scelte chiave di Bruxelles e cercato la sponda di governi euro-critici o apertamente illiberali, come quelli ungherese e polacco. L’avvio del Conte II ha segnato un ritorno dell’Italia in Europa e un conseguente rilancio dell’agenda europea dell’Italia, grazie soprattutto all’attivismo di alcuni ministri, come quello per gli Affari europei Enzo Amendola.

Contemporaneamente, all’Italia è stato attribuito un ruolo di prim’ordine nell’architettura dell'Ue, con le nomine di David Sassoli alla presidenza del parlamento europeo e di Paolo Gentiloni nel posto chiave di Commissario per l’economia.

Il cambio di passo è in larga parte riconducibile all’entrata nella coalizione di governo del Pd, filo-europeo e orientato ad una strategia cooperativa con gli alleati tradizionali, in particolare Francia e Germania. Anche le posizioni del Movimento 5 stelle hanno conosciuto un’evoluzione significativa, assumendo un atteggiamento molto più̀ collaborativo a livello europeo e un profilo istituzionale.

La differente composizione del governo, insieme al controllo sempre vigile del capo dello Stato, ha garantito un ancoraggio europeo al paese in un periodo molto complicato in termini di montante euroscetticismo e di profonda crisi sanitaria, economica e sociale. E ha pagato nel difficile negoziato per l’adozione del pacchetto Next Generation Eu, del quale l’Italia risulta di fatto il principale beneficiario.

La realizzazione del piano nazionale di ripresa e resilienza avrà bisogno di una squadra altrettanto pragmatica e concreta e le riforme da mettere in cantiere per il futuro dell’Ue richiederanno da parte dell’Italia un livello maggiore di visione e capacità politiche.

© Riproduzione riservata