La globalizzazione non risparmia la politica delle sanzioni. La quale riposa su una promessa di efficacia (promessa, si badi bene, non certezza) perché e nella misura in cui gli stati sono tra loro abbastanza non interdipendenti. La sanzione deve dissuadere chi ne è colpito; ed è relativamente meno penosa e ingiusta se fatta per colpire non la popolazione ma chi governa, cioè i responsabili della violazione del diritto.

Nell’era globale, la logica della “guerra per fame” si incrina. Infatti, se chi commina le sanzioni sa di dover pagare costi alti, questa politica di punizione/dissuasione perde di vigore perché dissuade anche i potenziali dissuasori. E Vladimir Putin, che ha violato il diritto internazionale, ha messo in conto questa condizione di interdipendenza. La globalizzazione può sovvertire le logiche della guerra e della pace.

E mette a dura prova i realisti. Questa è la situazione nella quale si trovano l’Europa e gli Stati Uniti; soprattutto l’Europa poiché, come da giorni sentiamo ripetere, le sanzioni colpiscono noi non meno della Russia di Putin. Epperò, la guerra per mezzo delle sanzioni va combattuta.

Come ogni guerra genera disagi e sofferenze; e non la si combatte per ragioni moralistiche, ma per ragioni molto razionali o, se si vuole, strumentali: è nell’interesse di tutti che la violazione delle frontiere venga scoraggiata, perché non ci sono mai violazioni una tantum; una violazione che venga subita dalla comunità internazionale aprirebbe uno spiraglio di lecita possibilità nella mentalità degli attori politici. Se ha funzionato una volta, può funzionare altre volte.

L’escalation

L’escalation della violazione del diritto internazionale è la posta in gioco. È dunque insensato contrapporre l’interesse ai principi, poiché il rispetto dei diritti è parte del nostro interesse: non si può godere della libertà in un mondo nel quale domina l’arbitrio. Certo, le sanzioni sono penose anche per chi le commina. Ciò è parte della guerra, che colpisce tutti, non solo chi si nasconde nelle metropolitane o chi mette la propria vita in una valigia e lascia tutto dietro di sé. Chi decide deve aver chiaro che siamo in guerra noi tutti in Europa.

La politica delle sanzioni è una guerra combattuta con mezzi economici e deve essere congegnata in modo da colpire chi ha responsabilità nella decisione di invadere; dunque Putin e gli oligarchi che si arricchiscono nel suo regime autoritario (che usa la propaganda della liberazione dell’Ucraina dal nazismo per far breccia nell’opinione europea).

Devono pagare duramente coloro che molto hanno da perdere, perché ciò fa sperare che le ostilità non si protraggano. La sofferenza dei molti non è mai conveniente come quella dei pochi per chi aspira a ridurre i tempi della guerra.

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