Giovedì il Parlamento europeo ha dato un primo voto positivo alla direttiva della Commissione che fissa criteri comuni fra gli stati membri per il salario minimo legale (almeno il 60 per cento del salario mediano, sotto la cui soglia ci sono metà dei lavoratori, e il 50 per cento del salario medio) e per la copertura della contrattazione sindacale (la quota di occupati che ha un contratto collettivo nazionale: almeno l’80 per cento).

È un doppio passo, importante, verso la costruzione dell’Europa sociale: porterebbe molti paesi a prendere provvedimenti per aumentare i salari e rafforzare il ruolo dei sindacati.

In Germania si sta facendo anche di più: il nuovo governo, guidato dai social-democratici, ha in programma di innalzare il salario minimo legale da 9,35 a 12 euro lordi (circa il 70 per cento del salario mediano).

Cosa manca in italia

L’Italia è fra i pochi paesi dell’Unione Europea a non avere ancora un salario minimo legale. Assieme a noi ci sono Cipro, i paesi scandinavi e l’Austria: a parte Cipro, gli altri hanno tassi di copertura della contrattazione collettiva maggiori del nostro. Noi siamo intorno all’80 per cento, la soglia indicata dalla Commissione, ma con profonde differenze fra le imprese, i territori e i settori, anche perché non abbiamo ancora una legge sulla rappresentanza sindacale.

È opportuno quindi che la legge sulla rappresentanza sindacale, di cui si discute da tempo, e quella sul salario minimo vadano insieme, per evitare che in alcuni comparti o regioni, dove i sindacati sono più deboli, l’introduzione di un minimo porti poi a un abbassamento dei salari reali (verso il minimo, appunto). 
Noi abbiamo drammaticamente bisogno di una legge sul salario minimo legale, e di una legge fatta bene. In Italia ci sono circa 1,8 milioni di lavoratori poveri: quasi il 12 per cento del totale degli occupati. Siamo tre punti sopra la media europea. Ed è un dato in crescita considerevole negli ultimi 10 anni.

Una misura ben calibrata potrebbe aiutare anche a migliorare la produttività: contribuendo così a risolvere uno dei nostri mali storici, che ci affligge da quasi trent’anni, alle origini del nostro declino. Lo dimostra proprio il caso tedesco. Lì il salario minimo fu introdotto nel 2015 (governo Merkel III, alleato con i social-democratici), a 8,5 euro all’ora. A quel tempo diverse previsioni, catastrofiste, preannunciavano la perdita fino a 900mila posti di lavoro. Oggi sappiamo che non è andata così.

L’evidenza empirica ci dice che quella misura non solo non ha fatto diminuire l’occupazione, non solo ha fatto aumentare i salari, ma ha favorito anche la crescita della produttività, promuovendo la ricollocazione dei lavoratori in imprese più efficienti e di maggiori dimensioni.

Il punto però è che quel salario minimo era fissato a un livello molto basso: circa il 55 per cento del reddito mediano in Germania.
Il problema è proprio questo. Non il «se», ma il «quanto». Di questo dovrebbe discutere la politica italiana. 

Quale salario minimo?

Da noi il salario mediano è molto più basso che in Germania: al 2018 (dato più recente disponibile), 12,5 euro lordi l’ora, contro 16,8 euro. I 12 euro del nuovo governo tedesco si tradurrebbero, a valori italiani, nei 9 euro lordi proposti dai 5stelle: circa il 70 per cento del salario mediano. E 10 punti sopra la soglia della Commissione.

Quella soglia porterebbe invece a 7,5 euro lordi, che salirebbero a 7,8 includendo il reddito medio (l’incremento si deve al fatto che abbiamo una maggiore disuguaglianza, che abbassa il salario mediano rispetto a quello medio).

Attualizzando al 2021, e tenendo conto che si tratta di soglie minime da calibrare anche rispetto alla povertà, un livello ragionevole potrebbe essere 8 euro l’ora (sempre lordi, comprensivi di tredicesima e Tfr).
Gli economisti hanno mostrato che almeno fino al 60 per cento del reddito mediano l’impatto sull’occupazione è trascurabile, mentre in alcuni casi  si può arrivare fino all’80 per cento. Considerando il numero di lavori poveri e il reddito medio, 8 euro lordi sono quindi una misura piuttosto sicura. Ne beneficerebbero circa 1 milione di lavoratori poveri.

D’altra parte, di 9 euro lordi si avvantaggerebbero in teoria circa 2 milioni di lavoratori; ma se la soglia è troppo alta, rischiamo il calo dell’occupazione e l’aumento del nero, che vanificherebbero i benefici.

La soglia di 8 euro invece non ha serie controindicazioni: contribuirebbe ad abbattere la povertà lavorativa e a innalzare i salari medi, probabilmente anche la produttività. Andrebbe pertanto adottata subito, assieme alla legge sulla rappresentanza sindacale. Proprio come sta avvenendo in Germania, se l’esperimento riesce si potrebbe poi valutare di passare rapidamente a 8,5 e quindi a 9 euro.

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