In attesa di ricevere l'incarico, Giorgia Meloni, premier in pectore, fa filtrare l'idea di affidare alcuni dicasteri-chiave a ministri tecnici per sopperire alla flebile competenza di tanti fedeli anche veterani. I media applaudono la sua moderazione, pur se mancano i fatti concreti, e in qualche infelice uscita sul governo Draghi scorda che il mestiere più difficile è quello del predecessore; toccherà un giorno anche a lei.

Meloni ha fin qui mostrato astuzia, e lo sguardo lungo di chi ha anche altri obiettivi; sa che è utile omaggiare la competenza, distanziandosi dal grillino “uno vale uno”, e interporre uno strato di esterni che la isoli dagli errori più gravi, almeno all'inizio. Se si mettesse male, potrà sempre mollare i tecnici, a lei imposti da un establishment ostile.

La ricerca, lodevole, non sarà breve né semplice; a parte i dubbi sulla presentabilità di certi eventuali colleghi, molti plausibili candidati hanno seri motivi per sfilarsi. La parete da scalare è verticale, povera di appigli, e una caduta potrebbe essere rovinosa; con pochi margini di errore, servono abilità tecniche sopraffine. Le persone che non disdegnano la ribalta sono tante, ma poche quelle competenti, e spesso avverse a correre grandi rischi; se davvero arriveranno, si accaparreranno i piatti più appetibili. Ciò aizzerebbe contro di loro l'ira di chi si crede defraudato di antichi diritti. Esse temono perciò agguati, e una durata troppo breve per incarichi che, intanto, ne precludono altri lucrosi o influenti.

Alla fine è probabile che Meloni assegni alcuni dicasteri a “tecnici”, magari di minor numero e rilievo rispetto a quanto si vocifera, ma sempre sufficienti a riscuotere il consenso di molti, tanto più lesti a correre al soccorso di chi vince, quanto più netta è la vittoria. I potenziali candidati saranno sì tecnici, ma sanno le leggi ferree della politica. La nuova maggioranza è tale perché dal 2011 (non da sempre!) Meloni è all'opposizione, base ideale per dare l'assalto al potere; l'istinto e i vizi politici dei suoi veterani lupi però restano, solo il pelo è cambiato. Se di notte il clima s'inasprirà, torneranno a ululare. Tremeranno allora i tecnici, consci di potersi trasformare, se i nodi verranno al pettine, da traghettatori indispensabili per navigare mari tempestosi, dove non è ammesso errore, in arnesi dannosi, da buttare per raggiungere le grandi mete. Perciò giustamente esitano.

Il verdetto elettorale è stato chiaro, seppur duro, anche per chi scrive. Se “Italia locuta, causa finita”, finita è anche la pacchia, ma non per la Ue, per Meloni; ora dovrà consegnare la merce che, incauta, ci ha venduto. Quando sarà in difficoltà tremerà anche lei. Non dica che passava di lì per caso e ignorava la gravità della situazione, insulterebbe il buon senso di tutti.

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