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La sconfitta del Pd è soprattutto culturale e sociale. Occorre ripartire da qui

  • Come un’altra volta nella storia d’Italia, sono state le divisioni degli avversari a portare l’estrema destra alla vittoria.
  • Si può discutere sugli errori tattici che hanno condotto a queste divisioni, o sulle responsabilità dei singoli leader, più o meno divisivi. Ma non basta.
  • Dietro le divisioni c’è infatti una sconfitta culturale e sociale ben più profonda. Riguarda e attraversa innanzitutto il Partito democratico. Ne derivano la confusione sulla linea politica (agenda pro-Draghi, o agenda progressista?) e poi quella sulle alleanze. Da lì, deve partire anche qualsiasi discorso per il futuro.

La destra è minoranza nel paese, 44 per cento dei voti. Ottiene però il 58 per cento dei parlamentari, perché le altre forze sono andate divise. Insieme centro-sinistra, Cinque stelle e il cosiddetto terzo polo (ma è stato il quarto polo e il sesto partito) superano il 49 per cento dei voti: oltre 5 punti sopra le destre. Qualunque analisi sulle ragioni di questa sconfitta, su un’elezione che consegna una delle più importanti nazioni occidentali a un governo di estrema destra e, per la prima

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