La storia dell’ex comandante partigiano Germano Nicolini, Dièvel in dialetto reggiano, è il simbolo delle “attese tradite” della lotta di Liberazione
- Comandante partigiano, Nicolini diventa nel 1946 sindaco comunista di Correggio, con il sostegno anche della Dc. Ma quando viene ucciso il parroco don Umberto Pessina, è accusato di essere il mandante.
- Il Dièvel era «sempre stato contro la giustizia sommaria» ma viene condannato a 22 anni di carcere, in un processo dove la Chiesa influenza le indagini, la Corte di Perugia è orientata contro di lui.
- Ma quel che più pesa a Nicolini è il tradimento del Pci, che decide di sacrificarlo come capro espiatorio per i delitti del dopoguerra. Solo nel 1994, a processo riaperto, il Diavolo viene assolto.
Ci ha lasciato il 24 ottobre a cent’anni Germano Nicolini (Dièvel, in dialetto reggiano), ex comandante partigiano e simbolo delle “attese tradite” della lotta di Liberazione. Pochi oggi ricordano una vicenda emblematica della storia d’Italia, al centro dell’interesse tanto della giustizia (due processi svoltisi a quasi cinquant’anni di distanza) quanto della ricerca storica. Lo snodo dal 1945 al 1947 Perché il “caso Nicolini” ci racconta il clima di violenza, omertà e convenienza politica



