La banda si chiama Everybody Killa (EK), non nuova e nemmeno underground. Agisce da qualche anno senza tante cerimonie. Conosciuta dalla polizia di New York (NYPD) e mai sgominata. C’è anche  un rapper su YouTube, X-Raided, che ha pubblicato un allbum dal titolo Psycho Active.

Prende come dato di fatto la vita dei non bianchi (con tante etnie incluse, non solo afro-americani), fatta di lunatici, pazzi, intossicati e psicopatici. Di gente che, come la descrizione suggerisce, non ci pensa due volte a fare quello che NYPD (fatta di bianchi e di neri) fa sistematicamente: giving pain, kill them.  Farli soffrire, ucciderli.

Una lettura razziale della condizione di classe, ma senza denuncia, senza un dover essere. Semplicemente l’essere e il fare.

Occhio per occhio. Noi come voi. Voi lo fare con la forza della legge e dello stato, noi con quella della nostra follia, armati di quel che abbiamo. Uccidere e ferire, per vedere chi alla fine resta in piedi. Una guerra per bande ma nel senso vero e radicale.

Se la paura della morte e della sofferenza sono all’origine della richiesta di ordine, chi riesce a dominare un territorio su questa paura vince.

Non credo che gli Everybody Killa abbiano letto Il Leviatano, ma Thomas Hobbes aveva così bene analizzato le emozioni in un tempo di guerra civile da riuscire a parlare per un tempo e persone lontani da lui e da molti di noi.

L’assalto di Vincent Pinkney, che ha accoltellato a morte il dottorando italiano Davide Giri e ferito Roberto Malaspina, sembra un affiliato della gang Everybody Killa: nella tarda sera di un giorno qualunque della scorsa settimana, ha distribuito “sofferenza” e “morte” per caso e senza motivo – se «noi siamo lunatici e pazzi» dice il rappista, non stupitevi se distribuiamo sofferenza e morte a caso.  

Il caso è il sovrano. Il caso di essere nati in un quartiere e in una razza non è forse una ragione sufficiente?

Se il linguaggio della condizione sociale, delle ragioni sociali del disagio e della ingiustizia non circola più, se non è più usato per capire e cambiare, allora non restano che comportamenti gratuiti, casuali, senza senso.

Se la condizione di disagio è frutto del caso (così la pensano anche molti politici) non ci si deve stupire.

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