In questa campagna elettorale estiva, molti hanno giustamente avvertito il rischio che una vittoria delle destre in Italia potrebbe acuire la frammentazione internazionale, facendoci deragliare dall’Europa e mettendo in discussione la nostra collocazione internazionale, vista l’impronta sovranista dichiarata sia dalla Lega che da Fratelli d’Italia.

Anche sul piano interno ci sono rischi evidenti di frammentazione della nazione che potrebbero compromettere per sempre il nostro paese.

Mi riferisco al rischio che venga approvata nella prossima legislatura una proposta di legge per l’autonomia differenziata nelle regioni, sostenuta dalla Lega e da Forza Italia e mai contrastata da Fratelli d’Italia.

Dei pericoli di questa ipotesi ne ha parlato più volte Giuseppe Pisauro su questo giornale e molti economisti (uno fra tutti Gianfranco Viesti) ne hanno messo in evidenza i risvolti sovversivi che potrebbe avere in un paese la cui unità è già fragile di per sé.

Secondo i sostenitori dell’autonomia differenziata, le regioni che ne facessero richiesta potrebbero avere la gestione diretta in diverse materie (istruzione, ambiente, salute, lavoro, rapporti internazionali e con l’Unione europea e molte altre materie), con il risultato che i cittadini italiani sarebbero discriminati e che il governo italiano finirebbe per perdere molte leve per la gestione del paese.

Già si è visto come, durante la pandemia, le diverse regioni hanno finito per generare caos e disagi per i cittadini e solo un intervento centrale ha potuto conseguire risultati positivi.

Se materie come l’istruzione, i rapporti internazionali o l’ambiente fossero di appannaggio delle regioni, avremmo un paese che si sfalda e gravi inefficienze su tutto il territorio.

Libertà di spesa

I lavori per l’autonomia differenziata hanno nascosto il fatto che non si tratta affatto di autonomia nel vero senso della parola, ma solo di libertà di spesa a livello regionale.

Se ci fosse autonomia, allora ogni regione dovrebbe mettere le proprie tasse autonomamente su cespiti di natura territoriale per finanziare i propri servizi.

Invece, nelle proposte della Commissione si ipotizza che lo Stato centrale continui a tassare i cittadini e poi distribuisca alle regioni parte proporzionale di queste tasse per consentire la loro autonomia di spesa.

In questa maniera le regioni avrebbero solo il ruolo positivo di spendere e non quello negativo di tassare. E, anche ove mettessero delle addizionali sulle tasse statali, sarebbe comunque sempre lo Stato a essere considerato dai cittadini come il percettore delle tasse, con tutto lo stigma che ne deriva.

Se invece si dovesse andare verso una reale autonomia regionale, allora lo Stato centrale dovrebbe continuare a prelevare le tasse sui redditi dei cittadini per assicurare tutti i servizi necessari alla popolazione in tutto il territorio nazionale, mentre le regioni si dovrebbero finanziare con l’unico cespite che ha un senso a livello locale, che è l’abitazione (come avviene in molti paesi), imponendo una tassa sulla casa per finanziare il di più o il diverso che volessero garantire ai propri elettori.

In questa maniera, gli elettori avrebbero la reale capacità di valutare se il costo della regione vale la spesa a loro diretta e saprebbero come comportarsi alle scadenze elettorali.

Una soluzione di questo genere non è stata mai presa in considerazione dai falsi regionalisti di casa nostra, a cui piace solo spendere e non tassare ed è per questo che sarebbe un vero disastro per il paese se  questa autonomia differenziata venisse attuata nella prossima legislatura.

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