Se vuole salvare l’Ucraina, l'Europa deve uscire dalla sua ambiguità

Chi colpisce i civili non resti impunito. Quanti morti serviranno ancora per fermare le guerre?»: almeno le parole del presidente Mattarella al Bundestag sono tornate a dare un significato morale alle nostre scelte, che invece la politica imperante vorrebbe ricondurre solo agli interessi egoistici della nostra comfort zone. Nel suo intervento per la giornata del lutto nazionale in ricordo delle vittime della seconda guerra mondiale, il capo dello Stato ha difeso le istituzioni multilaterali, il diritto internazionale e il ruolo della giustizia penale internazionale. Emerge in tutta evidenza come il discorso tocchi con estrema gravità l’attualità soprattutto della situazione ucraina: mentre c’è una parte d’Europa decisa al sostegno di Kiev, l’Italia non supera ancora ambiguità, sia politiche sia morali, in un momento davvero critico. Siamo addirittura all’ultimo paradosso: mentre l’Ucraina è allo stremo, c’è chi vuole abbandonarla dopo l’inchiesta sulla corruzione. Come se questa non esista in Occidente, o a Mosca: almeno gli ucraini hanno una società civile e agenzie indipendenti che sono riuscite a farla emergere. Litigi su Ucraina e manovra: l’unità della destra è solo una sceneggiata La verità scomoda è che ci si ostina a non voler guardare nemmeno lo scempio dei bombardamenti su edifici residenziali e dei safari dei droni contro i civili. Di fronte all’ignavia colpevole ha fatto bene il presidente a richiamare il diritto internazionale: dopo ogni strage si devono scuotere le coscienze. Sono netti i confini su queste condotte: lo Statuto di Roma all’articolo 8 qualifica come crimine di guerra «dirigere intenzionalmente attacchi contro la popolazione civile» e «contro beni che non sono obiettivi militari». Inoltre, il Protocollo Aggiuntivo I del 1977 alle Convenzioni di Ginevra, all’Articolo 51(2) stabilisce il divieto assoluto di spargere il terrore tra la popolazione civile. Sono principi universali che chiariscono la protervia dei criminali di guerra: questa è la cifra che meritano Vladimir Putin o Lavrov, non certo il tappeto rosso di Anchorage. Cos’altro si vuole aspettare? Che si arrivi allo sterminio di massa, come accadde con i massacri genocidiari in ex Jugoslavia e in Ruanda, o al fatto compiuto delle penetrazioni in Moldavia e nei Paesi Baltici - già minacciati da incursioni aeree e dalle accuse di discriminare le minoranze russofone - per poi cercare alibi sulle responsabilità di chi è rimasto indifferente? In Ucraina la Russia sta trasformando i giornalisti in bersagli di guerra Insomma, gli aiuti all’Ucraina sono doverosi e sempre più necessari: rappresentano un segnale politico, un atto morale, la prova che l’Europa non abbandona chi è esposto alla violenza. Uno scudo ancora più forte di sistemi difensivi e della condivisione di intelligence sono strumenti che possono avere ancora un peso reale e ridurre le perdite civili. Allo stesso tempo, altre sanzioni sulle triangolazioni e pure sugli asset russi possono obbligare Mosca a negoziati e al cessate il fuoco, anche accettando l’attuale linea del fronte: l’importante è non cedere al riconoscimento formale dei territori occupati. Questi possono essere posti sotto controllo di forze garanti dell’Onu, con uno status provvisorio da rinegoziare al termine di un processo di stabilizzazione di medio/lungo periodo, alla fine dell’era di Putin. Mosca martella l’Ucraina, Zelensky è azzoppato e Putin ne approfitta La diplomazia deve diventare forza attiva e concreta: l’Europa non può più permettersi esitazioni. Putin intanto sta aumentando la pressione sull’Ucraina, proprio approfittando dell’empatia con Trump in quanto autocrate e delle divisioni europee: il suo obiettivo è logorare Kiev prima che maturino orientamenti più decisi sulla sua integrazione nell’Ue. Il realismo tuttavia non va interpretato nel senso di un crollo inevitabile: tutti vedono l’Ucraina alle corde, ma le analisi militari indicano che le risorse russe non sono infinite, il reclutamento cala e le sanzioni possono rendere insostenibile il conflitto. L’Ucraina può essere aiutata nel consolidare la capacità difensiva, addestrare le unità sotto supervisione europea, proteggere le infrastrutture civili, e prepararsi all’inverno che fermerà l’avanzatarussa. Intanto l’Europa deve adoperarsi per il coinvolgimento di tutti gli altri attori globali, dalla Cina all’Africa, dall’India all’America Latina: ognuno si sta convincendo che è interesse comune eliminare il costo politico ed economico della guerra. Pokrovsk in bilico e buio a Kiev: l’Ucraina ora punta tutto sui droni La sovranità dell’Ucraina è radicata nel diritto internazionale e aiutare quel popolo in sofferenza costituisce il banco di prova di un’Europa responsabile, della sua capacità di tradurre principi etici in azioni concrete: affermare il diritto internazionale è la sola via per preservare la libertà dei popoli europei di fronte alle minacce della guerra.