C’è un elemento poco o per niente trattato nei tanti interventi a commento della sentenza di primo grado: l’importanza della vicenda giudiziaria per la sanità pubblica.

La sentenza è riferita alle responsabilità dei danni all’ambiente e alla salute sofferti nei decenni passati, sorretta da perizie tecniche necessariamente basate su accadimenti passati, ovvero i danni conclamati e riferiti alle emissioni dell’Italsider prima e dell’Ilva dopo (fino al 2010) che alimentano il procedimento giudiziario.

Le dichiarazioni delle parti ripercorrono il rituale della soddisfazione o dell’affidamento ai gradi successivi di giudizio; le testimonianze più toccanti sono quelle di chi ha perso un parente e vede nella giustizia una rivalsa alla memoria e per quanto non ha ricevuto dallo stato.

Lo sguardo al passato non è disgiunto da quello al futuro, con le incognite della tutela dell’ambiente e della salute da una parte e dell’occupazione dall’altra.

Tra passato e futuro

Lati della stessa medaglia “giocati” spesso, troppo spesso, in antitesi: cedimento di qualcosa da una parte per avere dall’altra. Il risultato in tutte le crisi affrontate con questo approccio è stato di perdere ambiente, salute e occupazione: basta vedere lo stato delle aree industriali da bonificare, dove le crisi ambientali e sociali sono un tutt’uno.

Ecco che torna la centralità dello sviluppo e per Taranto si riparla di forni elettrici, di destino a idrogeno e di transizione a gas, ovviamente sempre assicurando che sarà sostenibile e cioè che darà occupazione e sarà rispettoso dell’ambiente e della salute.

Non c’è alcun dubbio che siano tutti elementi centrali, ma ci sono due punti che rimangono in ombra e non dovrebbero: da una parte come si definisce il destino di un’area coinvolgendo le comunità locali, dall’altra come si può evitare che accadono di nuovo fatti gravi come quelli di Taranto. Certo le tecnologie industriali a disposizione oggi, di produzione, di depurazione e di monitoraggio, sono più evolute e affidabili di quelle del passato, ma ciò non significa che garantiscono un rischio zero, del resto impossibile quando ci sono combustioni in ballo, più o meno inquinanti, che si bruci carbone o metano.

Le valutazioni di impatto sull’ambiente e sulla salute (conosciuti come Via, Vas, Vis) hanno proprio questa finalità: valutare gli effetti dei progetti sulla base di scenari diversi in modo da indirizzare le decisioni verso le soluzioni più sostenibili. Come lo sviluppo tecnologico ha fatto passi da gigante, anche la metodologia e strumentazione valutativa ha conosciuto una notevole evoluzione e questi strumenti, che oggi possono dare informazioni cruciali in tempi contenuti, diversamente da quanto impropriamente sostenuto, coinvolgendo i portatori di interessi secondo processi partecipativi, del resto previsti dalla stessa normativa di riferimento, nazionale (D.lgs. 104/2017) e europea (2014/52/Ue).

A Taranto per altro, queste valutazioni preventive su scenari sono state effettuate e continuamente aggiornate da un gruppo di lavoro multidisciplinare che per competenza e esperienza si pone all’apice a livello nazionale. Questi strumenti protettivi andrebbero quindi sviluppati e non alleggeriti, “sfruttandoli” per evitare progetti insostenibili o ottimizzare quelli accettabili, evitando così di dover continuare a contare i morti e i malati già accaduti e sui quali non c’è sentenza in grado di fare completa giustizia.

© Riproduzione riservata