Il futuro Quadro Finanziario Pluriennale dovrebbe essere fondato su tre pilastri ritenuti essenziali: i “piani degli Stati membri”, il “Fondo sulla competitività” ispirato dal Rapporto Draghi, un “Fondo sull’azione esterna” dedicato alla difesa e al partenariato con i paesi terzi e in particolare con l’Africa. I rischi dell’impostazione che la Commissione sembra sempre più intenzionata a percorrere
Alcuni giorni fa, i commissari europei si sono incontrati a porte chiuse per discutere del bilancio europeo. La traccia dell’incontro era una note de cadrage, a firma della presidente Ursula von der Leyen e del commissario Serafin, pubblicata poi dal sito Eunews, e contenente alcune riflessioni per orientare il futuro del bilancio europeo (Quadro Finanziario Pluriennale), che sarà presentato dalla Commissione europea al Consiglio e al Parlamento europeo il 16 luglio 2025, entrando poi in vigore dal 1° gennaio 2028.
Come Movimento europeo Italia e Forum Disuguaglianze e Diversità, con una nota firmata per il Movimento europeo Italia da Pier Virgilio Dastoli, Giuseppe Bronzini, Nicoletta Parisi e per il Forum Disuguaglianze e Diversità da Fabrizio Barca, Elena Granaglia, Sabina De Luca, abbiamo deciso di mettere a fuoco i rischi dell’impostazione che la Commissione sembra sempre più intenzionata a percorrere.
Il futuro QFP dovrebbe infatti essere fondato su tre pilastri ritenuti essenziali: i “piani degli Stati membri”, il “Fondo sulla competitività” ispirato dal Rapporto Draghi, un “Fondo sull’azione esterna” dedicato alla difesa e al partenariato con i paesi terzi e in particolare con l’Africa.
I rischi
Nonostante la reiterata volontà di salvaguardare il ruolo delle regioni e il partenariato fra queste e gli Stati, ne verrebbe così confermata l’idea, già emersa in precedenti documenti, di rinazionalizzare i principali programmi europei in materia di coesione, di politica agricola, di competitività e di industria della difesa.
Una impostazione che rischia di tramutarsi nell’abbandono di beni pubblici europei a scapito dei principi di solidarietà ma anche della continuità dell’impegno europeo sulla transizione ecologica e sulla dimensione sociale, strettamente legata alla lotta alle diseguaglianze territoriali, che del progetto europeo è principio fondativo. E che impedirebbe quella «sensibilità delle politiche alle persone nei luoghi» che sola oggi può ricucire competitività e coesione sociale.
Il modello a cui si ispira la Commissione europea è quello di Next Generation EU e dei suoi Piani Nazionali di Riforma e Resilienza, mentre, per quanto riguarda l’industria della difesa, il riferimento è il Libro Bianco da cui è emerso il piano di preparazione (preparedness) inizialmente e sciaguratamente denominato ReArmEurope, che rischia di scivolare nella direzione opposta alla creazione di una difesa comune, se fosse adottata l’idea di rafforzare le spese nazionali e che, qualora ne fosse confermata la base giuridica proposta, ne metterebbe in pericolo il controllo democratico.
La rinazionalizzazione del bilancio aveva già ricevuto la forte contrarietà del Parlamento europeo che, nella sua risoluzione del 7 maggio 2025, aveva bollato la stessa come foriera di sperequazioni destinate a indebolire la solidarietà comunitaria.
Lo scarso coraggio
Un allarme, quello del PE, che metteva l’accento anche sui rischi che le spese per l’industria della difesa possano ridurre quelle per le politiche sociali, ambientali e di coesione territoriale che comprendono anche il sostegno alla biodiversità e alle strutture agricole.
Così come, a fronte della conferma, come sembrerebbe emerso da questo incontro, di un forte rafforzamento della flessibilità del bilancio nel quadro della sua semplificazione, lo stesso Parlamento non aveva mancato di denunciare il rischio di un indebolimento del controllo democratico e della trasparenza della sua governance, insieme alla natura strutturale delle politiche da finanziare.
Non può essere sottaciuto, infine, lo scarso coraggio che appare dai primi orientamenti della Commissione europea in materia di risorse proprie e ancor di più di debito pubblico europeo che, nonostante l’aumento esponenziale delle sfide geopolitiche e le corrispondenti necessità di più ambiziosi e innovativi finanziamenti europei, non vanno oltre le limitate proposte del 2023.
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