Questo nuovo Pd sembra davvero qualcosa di diverso rispetto a prima. Per due ragioni, che sono emerse chiaramente all’evento di Domani a Modena, Tempi radicali, che ha visto partecipare sia la segretaria Elly Schlein, in dialogo con il nostro editore Carlo De Benedetti, che il presidente Stefano Bonaccini.

La prima novità è che Schlein dice finalmente cose prive di ambiguità, che almeno per chi sta all’opposizione è il prerequisito per avere attenzione.

Schlein dice che Ignazio La Russa è inadeguato a fare il presidente del Senato, che gli ambientalisti di Ultima generazione che sporcano l’acqua delle fontane (chissà mai che scandalo) hanno ragione, anche se lei ha scelto una modalità di militanza diversa; che il Pd non è più quello di Marco Minniti che inseguiva la Lega nelle politiche securitarie anti-immigrati della Lega.

E poi Schlein ha nominato due nuovi commissari per il Pd della Campania (Antonio Misiani) e di Caserta (Susanna Camusso): non è la soluzione dei problemi che Domani denuncia da giorni con l’inchiesta sul sistema di potere intorno al presidente Vincenzo De Luca, ma è un inizio.

 Un prerequisito per combattere la battaglia decisiva, cioè costruire una alternativa alla politica che abbiamo visto negli anni di De Luca.

La seconda novità emersa dall’incontro di Modena è che queste posizioni della segretaria sono chiaramente diverse da quelle di un altro pezzo del partito: la parte che ha perso, riunita intorno a Stefano Bonaccini, non si è convertita all’unanimismo ipocrita che ha avvelenato la stagione di Enrico Letta, usato come capro espiatorio da chi aveva sempre approvato le sue scelte.

Bonaccini e il “suo” Pd rimangono più inclini a un compromesso pragmatico, più di governo e meno di opposizione, che deve tenere insieme le imprese e le istanze dei giovani ambientalisti, l’opposizione sui contenuti e il dialogo istituzionale tra enti locali e governo.

La vera novità di Modena, però, è che inizia a delinearsi quale può essere il “dividendo dell’opposizione”: ci sono cioè abbastanza battaglie sulle quali tutte le anime del centrosinistra e del Pd in particolare possono compattarsi per sfidare la destra: la difesa della sanità pubblica, il salario minimo (che il centrosinistra avrebbe potuto fare mentre governare), una difesa minima dei diritti da un governo che li contesta in via di principio oltre che nella pratica, l’antifascismo come reazione a un governo non antifascista e revisionista, le proposte concrete su come evitare il disastro sul Pnrr.

Gli elettori delle primarie Pd, togliendo il partito al controllo esclusivo delle sue correnti e dei suoi dirigenti, forse hanno dato al centrosinistra una finestra di opportunità per rigenerarsi, da non sprecare.

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