Sicuramente il presidente del Consiglio Mario Draghi, persona saggia, rifletterà sulla morte dei 14 turisti sulla funivia di Stresa. E c'è da augurarsi che ne tragga qualche indicazione utile per mettere un freno alla irresponsabile euforia da Pnrr, alla quale anche lui sembra in preda talvolta. Uomini apparentemente alieni dal consumo di allucinogeni attendono piogge di denaro che propiziano con riti pagani culminanti nella solenne promessa a divinità sconosciute di spendere tutto alla svelta, perché se non li spendiamo entro il 2026 il sogno svanirà e l'Italia resterà come Cenerentola. Chi ha in mano i destini del paese deve confrontarsi con la realtà. I 14 morti di Stresa non sono vittime della esasperata ricerca del profitto. Sarebbe orribile ma avrebbe un senso. E si potrebbe misurare l'avidità assassina controllando orari e prezzi delle funivia: sono morti per i 264 euro dei loro biglietti, più i 12 del biglietto scontato del piccolo sopravvissuto. Gli inquirenti dovrebbero misurare gli incassi della funivia dal 26 aprile, quando ha riaperto. A occhio e croce qualche migliaio di euro per una società che nel 2019, prima del Covid ha fatto profitti per oltre 400 mila euro, il 20 per cento abbondante dei ricavi. Non c'è rapporto tra la disponibilità a mettere in gioco la vita degli altri (dei tuoi clienti, poi, complimenti per la cultura d’impresa) e il guadagno atteso. Un imprenditore può uccidere anche per un euro dopo che ha interiorizzato l’idea che il profitto viene prima di tutto e non deve neppure sottoporsi a un decente calcolo costi-benefici.

La semplificazione

Gli invasati della semplificazione fingono di non conoscere la costante della nostra storia: si possono far morire decine di persone per due spicci. Non è avidità, è follia. La cultura che santifica il profitto come vero diritto incomprimibile ha creato e poi difeso non uomini avidi ma uomini irresponsabili. La differenza è che con un avido si può trattare, con un matto no. Pensate davvero che la famiglia Benetton abbia deciso di lasciar crollare il ponte Morandi per avidità? Non ha senso. Quel ponte si poteva rimettere in sesto, e quei 43 morti potevano essere salvati, con il 5 per cento dei profitti di un anno della società Autostrade. Nel 2013 i 40 pellegrini di Padre Pio, caduti con il loro pullman dal viadotto Acqualonga di Avellino, hanno pagato con la vita la decisione della società Autostrade di risparmiare circa 20 mila euro sulla manutenzione di quel guard-rail: se li avessero spesi, l'autobus non sarebbe andato di sotto e avrebbero salvato 40 vite a 500 euro ciascuna. Questa è l'Italia che entra nel Recovery Plan come se fosse una favola con il lieto fine già scritto. Fa orrore vedere persone anche colte e sensate sbracciarsi paonazze come tifosi allo stadio per gridare « basta controlli» e «basta burocrazia», come se i morti in fabbrica o la corruzione fossero fantasie di una cieca ideologia anti-capitalista. E come se il «liberi tutti» fosse garanzia di futuro benessere. Purtroppo non è così. Lo sarebbe se avessimo a che fare con la razza umana degli avidi. Invece una classe dirigente resa sempre più ottusa dall'endogamia non si rende conto che la gente comincia ad avere paura di salire su una funivia, e poi non si fiderà di andare in autostrada, e poi comincerà ad avere timore del treno. Una china lungo la quale uno dei paesi più avanzati del mondo si sta suicidando, con una classe politica (compresi tecnici e migliori di complemento) che ancora crede di poter tirare avanti con la vecchia cantilena che «non si può dire di no a tutto».

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