“Ora smettiamo di giocare in difesa” questo impegno potrebbe essere il cuore della proposta che emerge dalla due giorni del Partito Democratico svoltasi ieri e oggi a Roma e riguardante le politiche sull’immigrazione e la riforma della cittadinanza.

In fondo, a pensarci bene, proprio la voglia di compiere uno scatto deciso, è il filo conduttore che ha tenuto assieme numerosi interventi e contributi. Una lunga maratona che ha visto alternarsi al microfono rappresentanti delle Ong, dell’associazionismo, degli enti locali, delle istituzioni.

In altre parole un piccolo fiume di idee e testimonianze che ha preso corpo con un obiettivo: affrontare a viso aperto la stagione della politica del rancore e costruire, finalmente, una contro-narrazione rispetto al discorso pubblico della destra di Salvini e Meloni così sul punto simili (sia sul piano del cinismo che su quello dei danni materiali). Un confronto, poi, nel quale sono state evidenziate alcune proposte (che in parte diverranno vere proposte di Legge): dal superamento della Bossi-Fini (aspetto su cui è particolarmente impegnato Graziano Delrio, Presidente del Comitato Schengen) alla promozione di un lavoro di ispezione nazionale relativa alla qualità dell’accoglienza e lo stato dei CPR (oggi micidiali laboratori della lesione dei diritti umani), dagli effetti del terribile accordo con l’Albania al bisogno di rilanciare una lotta politica e culturale in Europa perché lì vi sia molta più ambizione rispetto a quella sin qui mostrata.

Una piattaforma, in sintesi, che impegna il Partito Democratico ad affrontare con “coraggio” (coraggio: il termine non casualmente usato da Livia Turco ed Elly Schlein), temi che spesso vengono rimossi o considerati “scomodi”, temi, o meglio terreni, sui quali l’azione della destra fondata sulla cultura dell’emergenza permanente (tendenza alimentata anche dagli interventi disastrosi dello stesso governo) si è mostrata molto persuasiva. Ha prodotto una solida “egemonia”.

E questa egemonia va guardata in faccia e sfidata.

Per questo la proposta del PD è e vuole essere ambiziosa. Parla il linguaggio schietto della promozione dei diritti umani, quello che determina la richiesta reiterata di dare vita ad una Mare Nostrum europea, perché la responsabilità del salvataggio delle vite (e dell’identificazione dei morti nel Mediterraneo come

ha ricordato Cristina Cattaneo) non può che essere innanzitutto delle istituzioni e che ovviamente, come ha sottolineato Marwa Mahmoud, deve culminare nella riproposizione della Riforma della Cittadinanza.

In sintesi quella che ha preso corpo è la volontà di smetterla di lasciare il campo alla destra da parte di un partito che intende tenere assieme intransigenza sul piano del rispetto dei diritti umani e investimento vero e compiuto nell’immigrazione legale e in un grande piano nazionale per l’inclusione sociale, fatto di percorsi formativi, insegnamento della lingua, orientamento e formazione professionale. Perché la legalità si produce, lo hanno ricordato bene i sindaci di Bergamo e Bologna, Gori e Lepore, attraverso gestione trasparente, rispetto delle regole e piena inclusione dei migranti.

Il contrario di quel che sostiene la destra, il cui disegno in materia migratoria è chiaro e non va scambiato, come talvolta accade, per scarsa “efficienza” o “incapacità”. La destra infatti punta sul caos nella gestione dei flussi poiché esso fomenta la sensazione di insicurezza, la quale è diventata la terribile benzina da gettare sul fuoco.

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