Le parole di Biden su Putin e le logiche tribali

Troppi intellettuali degradano la politica alla logica amico-nemico

  • Gli epiteti (“criminale”, “assassino”, “macellaio”) affibbiati dal Presidente a Putin, anche quando corrispondono al vero, appaiono, nella loro dimensione psicologica, morale e penale, penosamente inadeguati alla misura della tragedia pubblica in corso.
  • Ad onta di tutta la sua erudizione teologica e giuridica, Carl Schmitt, l’autore di questa “definizione”, riduce la politica a qualcosa di arcaico e tribale, più antico della politica.
  • Ma se Schmitt avesse ragione, la civiltà non sarebbe progredita oltre l’età del bronzo.

Mai come in questi giorni risuonano come pura verità, nella memoria di chiunque le abbia una volta incontrate, le parole iniziali del Preambolo alla Costituzione dell’Unesco: «Poiché le guerre cominciano nella mente degli uomini, è nella mente degli uomini che le difese della pace debbono essere costruite». Risuonano nell’orecchio gli epiteti che i “capi” dei mondi sconvolti che si stanno urtando reciprocamente riservano all’altra parte: anzitutto Vladmir Putin, al quale fa lugubremente eco,

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