Oggi tutti a commentare che Giuseppe Conte è stato sospeso, non è più presidente del M5S. La versione ufficiale è che alcuni attivisti del Movimento hanno fatto ricorso al Tribunale di Napoli. Ma c’è un retroscena, che nessuno sa, e ora ve lo racconto. Perché io c'ero. Era agosto, faceva pure caldo e con Danilo Toninelli stavo a Roma cercando un negozio aperto per comprare il mangime per i pesci, perché dovevamo fare un aperitivo con Paola Taverna e lei è ghiotta di scaglie, quelle per i tropicali: dice che con la birra sono la morte sua.

Danilo si era perso nel settore lettiere per gatti: «Non la puoi fare qui» - gli dico - «facciamo presto, che ci sta aspettando Di Maio con il monopattino che ci dà uno strappo». Fuori appunto c'era Gigino, re dell'impennata su monopattino, che ci carica a bordo. Ma Toninelli gli soffia il manubrio al grido: «Guido io che sono il più sveglio», e punta verso la Farnesina.

L’incontro

Nell’ufficio di Di Maio ci aspettava Paola Taverna che intanto giocava a fare i rutti sui vetri, per vedere se si appannavano. Lì ci siamo seduti tutti insieme intorno al tavolo a sorseggiare una birra e fare due chiacchiere. Così, saltando da un argomento all'altro, Di Maio esclama: «Se dovrei pensare al fatto che Conte sta facendo migliaia di followers sopra alle nostre spalle, rabbrividirei». Taverna con una pernacchia sotto l’ascella conferma la linea di Gigino, mentre Toninelli gioca alla battaglia navale con il plastico del ministero degli Esteri e io lo guardo perplesso.

«No, Pinuccio non preoccuparti, quello è introverso. Lo abbiamo candidato per farlo distrarre», mi rassicura Paola Taverna, che viene interrotta nuovamente da Gigino: «Dica tu Pinuccio, che si possa fare?». Io faccio presente che la via maestra poteva essere un semplice ricorso, in quanto il regolamento prevedeva altro e l'eventuale modifica poteva essere impugnata addirittura dal solo comitato di garanzia di cui faceva parte lo stesso Di Maio. «Ma no, Pinuccio, io non posso espormi, faccio finta di volergli bene. Come dicono gli inglesi: good face et cattiv games».

Quindi c'era bisogno di un insospettabile, uno che nessuno potesse mai e poi mai collegare al ministro Di Maio. Fu così che la soluzione la trovò Toninelli: «Me la vedo io» – gelando tutti. Un po’ incerto guardai alla Taverna, che però alleggerì la tensione del momento proponendo una gara di sputi. E oggi scopro che l'idea vincente di Toninelli era stata quella di contattare la comitiva di Di Maio, conosciuta nel vicolo come «gli scugnizzi del monopattino», e affidare loro il ricorso contro l’ex premier Conte. E per dimostrarvi che quel che dico è vero, vi leggo - testuale - un messaggio arrivato da Toninelli qualche ora dopo la decisione del tribunale: «Scusate, non sapevo che Di Maio fosse di Napoli. Onestà».

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