Il solo fatto che si parli tanto di guerra in Ucraina è già grave di per sé. In questi mesi Europa e Russia si sono abbondantemente avvelenate a vicenda con discorsi di paura e ostilità, seminando fra loro tanta diffidenza che sarà lungo colmare. La conseguenza geopolitica più immediata è l’avvicinamento tra Mosca e Pechino che non aiuta ad equilibrare un mondo già in piena crisi di nervi.

Ammassare armi e soldati con un continuo gioco al rialzo, mette tutti a rischio incidente. Come ha detto papa Francesco, lo schiamazzo bellico sposta l’ordine delle priorità globali.

La guerra copre tutto, assorbendo come un’idrovora ogni questione. Davanti ad essa tutto scompare: si smette di pensare, di programmare, di immaginare il futuro.

Per questo la guerra fa male ancor prima di iniziare: inibisce l’esistenza di tutti, personale e collettiva. Come se si trattasse di una calamità naturale, la guerra interrompe ogni sogno e ogni progetto e tutto viene posticipato.

Funziona come se lo scorrere dei giorni si arrestasse: la guerra è una sospensione del tempo, apre una parentesi che fagocita tutto. La guerra fa male alla giustizia: ogni azione concepita per alleviare i problemi di chi sta peggio viene annullata davanti all’urgenza del conflitto.

Fa male all’economia che entra in una fase esasperata, muta volto e si fa aggressiva divenendo un’arma. Si pensi soltanto al gas e alla guerra dei tubi.

La guerra fa male ai diritti che svaniscono dietro un’unica grande urgenza. La sola ipotesi della guerra fa male all’Europa che si divide.

Il presidente Macron sta tentando di portare l’attuale collerica dialettica tra occidentali e russi su un terreno più ragionevole e lungimirante. Poi toccherà al cancelliere Scholz. Per la Georgia nel 2008 Sarkozy riuscì a fermare il conflitto con il supporto di Berlusconi: entrambi avevano ottimi rapporti con Putin e con gli Stati Uniti ma ora è tutto diverso.

Sono passati altri 14 anni senza che il contenzioso con Mosca sia stato risolto. Per la Russia l’Ucraina è molto più vitale e gli Stati Uniti sono più incerti ed insicuri a causa della loro crisi interna. Rispetto ad anni fa le relazioni dei leader occidentali con Putin si sono corrose ed è subentrata sfiducia.

Nell’attuale crisi c’è un margine di imprevedibilità che va rapidamente azzerato per poi negoziare utilmente. Al fine di poter contare occorre avere la fiducia degli americani e credibilità con i russi, i quali da settimane lanciano segnali all’Italia.

E’ urgente giocarsi bene queste carte: il fatto di essere senza dubbio il più fidato alleato degli Stati Uniti in Europa, a confronto con gli altri leader europei, offre al presidente Mario Draghi i migliori atout in questa pericolosa crisi. E’ giunto il momento di muoversi sullo scacchiere orientale. 

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