La missione di Mario Draghi ha cambiato obiettivo in una notte, lo scorso mercoledì. La situazione è diventata gravissima su due questioni, legate tra loro, ovvero la guerra in Ucraina e la crisi energetica. E’ stata la sua notte più buia, ha dovuto trovare una quadra tra l’orrore di Vladimir Putin e la rinuncia al gas russo. La mattina ha scelto. L’Italia è con l’Europa senza se e senza ma. Siamo dentro una guerra. Impensabile fino a una settimana fa.

Questo governo è stato accusato di essere figlio di un complotto dei poteri forti, delle banche e degli Stati Uniti. Molto più semplicemente era figlio della disperazione di Sergio Mattarella, che lo scorso anno per salvare l’Italia dal disastro, chiese uno sforzo a Mario Draghi. Andare alle urne allora sarebbe costato molto caro.

Certo, non è normale né tanto democratico affidarsi a un governo tecnico, ma l’Italia non aveva scelta, non potendo garantire un governo politico, come nel resto d’Europa, che mostrasse un piano concreto per uscire dallo stallo.

La maggioranza è stata più o meno compatta fino a quando le cose hanno cominciato ad andare meglio e i partiti si sono sfilacciati dietro agli interessi clientelari. Hanno perso di vista le priorità per concentrarsi solo sulle elezioni del prossimo anno e accaparrarsi qualche voto in più, come sui temi dell’Ilva o dei green pass.

L’emergenza della guerra ha ricompattato il governo e anche la maggioranza con Giorgia Meloni, con un applauso generale al premier. Dal mattino dopo però si è cominciato a intravedere qualche crepa.

Matteo Salvini ha avuto difficoltà a pronunciare il nome del suo ex idolo Vladimir Putin e soprattutto si mostra titubante a isolare a lungo la Russia. Insomma, la questione, come già fu per Danzica, è giusto morire per Kiev o morire di freddo?

La crisi ai confini orientali dell’Europa mette fretta, ed è l’occasione ultima per capire se la maggioranza è coesa o se si procede a gonfie vele verso una spaccatura masochista.

La crisi energetica che ci troviamo ad affrontare assomiglia all’austerità degli anni Settanta quando gli sceicchi avevano chiuso i rubinetti del petrolio. La Democrazia Cristiana e il Partito Comunista Italiano trovarono una soluzione insieme. Allora c’erano gli emiri, ora c’è uno zar.

Ma c’è un’enorme differenza, oggi bussa alla porta la guerra. Pier Paolo Pasolini in Uccellacci e Uccellini fa dire al corvo: “Quando un popolo invade un altro popolo, colpisce e uccide perché ha torto.”

La crisi coinvolge tutto il mondo. Non si tratta solo di Europa e Stati Uniti ma mette in pericolo tutte le democrazie del pianeta, dall’Australia al Giappone al Sud America. Siamo alla vigilia del terzo conflitto mondiale.

Ci vorrà tempo per trovare alternative al gas russo, ma la posta in gioco è molto più importante di qualche mese al freddo.

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