Certo che sono giuste l’indignazione dopo la strage di Sumy e la condanna dell’azione russa. Ma bisogna prendere atto del fatto che i giganti globali – Usa, Russia, Cina – sembrano avvitarsi su se stesse senza trovare soluzioni a lungo termine. Ancora una volta: un’Europa lucida può trovare un suo ruolo importante di intermediazione
La strage di Sumy ha provocato una giusta indignazione: chi vuole davvero la pace? Tutti condannano la Russia ,salvo gli Usa. Putin sembra voler colpire i civili come vendetta per non essere riuscito ad occupare l’Ucraina che continua a resistergli.
La frustrazione delle grandi potenze è la cosa più pericolosa e porta il mondo al caos. La Russia vorrebbe tornare ad essere l’Urss ma non può; gli Stati Uniti vorrebbero tornare ad essere i primi indiscussi ma sono sfidati e la globalizzazione gli è sfuggita di mano; la Cina vorrebbe essere condomino ma Washington non gli concede tale onore.
La frustrazione delle tre superpotenze diviene rabbia e gesti violenti inconsulti, senza strategia e con tanti falli di reazione. Così vengono uccisi gli innocenti, soprattutto bambini o anziani. Quando terminerà questa fase confusa e letale? Nessuno lo sa. I geopolitici si sforzano di trovare logiche e sequenze che in realtà non esistono.
Siamo nell’universo della mancanza di senso. Si pensi alla Russia: aveva una posizione strategica forte: l’Europa ne era dipendente per l’energia, aveva attratto molti investimenti, Putin possedeva una reputazione politica invidiabile. Ora tutto questo è volato in pezzi.
E per cosa? Per un pezzo di Ucraina bruciato a costo di innumerevoli vittime, anche russe. La diffidenza verso la Russia durerà decenni: nessuno si fiderà più di un potere così obsoleto che crede nelle conquiste territoriali come nel XVIII e XIX secolo.
Ugualmente si pensi a Trump: con la storia dei dazi (messi, tolti, congelati) ha gettato alle ortiche un secolo di egemonia americana sulla finanza e il ruolo del dollaro: chi si fiderà più del gigante economico che aveva imposto le sue regole a tutti? Distruggendole ha distrutto ogni sua credibilità, e ora i mercati si guarderanno bene dal fidarsi dei buoni del tesoro americano. Tra l’altro gli Usa, entro l’anno in corso, tra rinnovi e nuove emissioni dovrebbero assicurarsi qualcosa come 7000 miliardi di debito. Chi darà ancora loro fiducia lo farà alzando i costi per gli Usa. Noi italiani sappiamo bene cosa comporta il servizio del debito.
Gli Stati Uniti di Trump demoliscono le regole occidentali, ma saranno i primi a pagarne gli effetti: Big Tech e le grandi aziende americane stanno sulle spine. E Pechino? Oggi sembra difendere il libero mercato e le regole comuni ma fino a ieri ha mescolato assieme liberismo e statalismo accanito. Chi potrà fidarsi di una superpotenza in cui uno Stato controlla i propri cittadini e pone le ambizioni delle imprese di stato sopra ogni regola? Chi si fiderà di una superpotenza che minaccia di continuo la guerra su Taiwan?
Resta l’Europa che in tale contesto disordinato sembra un altro mondo. Lo è davvero: ancora in Europa conta la protezione della libertà del cittadino inteso come persona. La democrazia liberale è in crisi, ma sta reggendo l’urto e reagisce alle critiche dei sistemi autoritari o di controllo sociale.
Il problema degli europei è che sono ancora troppo egoisti: guardano al loro “particulare” e non riescono a vedere che l’unione è qualcosa di più che la semplice sommatoria delle risorse. Per convincerli serve una visione globale innovativa basata sull’umanesimo europeo.
Un’Europa lucida può dire “basta” alle guerre infinite che sconvolgono l’ordine internazionale. Ucraina e Gaza sono davanti ai nostri occhi, ma ci sono anche il Sudan, il Kivu e tanti altri conflitti. “Basta” significa trovare le soluzioni politiche che offrono più soluzioni di quelle militari, utilizzando la vera diplomazia e non il deal trumpiano. Sappiamo che non c’è soluzione militare al conflitto in Ucraina e a quello israelo-palestinese.
Lo conferma Lawrence Freedman su Foreign Affairs: «The age of forever wars: why military strategy no longer delivers victory».
La distruzione totale e la scomparsa dell’avversario non è ipotizzabile. La giusta indignazione per le uccisioni di civili, come a Sumy, non deve trasformarsi in altra cieca frustrazione che aggiunga violenza a violenza. Solo l’Ue ha le capacità di porsi in mezzo, da intermediario lucido che pazientemente affronti la lunga strada del negoziato.
È evidente che da lì si dovrà passare, perché non è immaginabile un mondo senza palestinesi o senza israeliani o senza russi o senza ucraini. In qualunque modo la si pensi, è una strada obbligata. Meglio imboccarla il prima possibile. Non si dica che non si può fare perché qualcuno non vuole: accade sempre così all’inizio di ogni mediazione.
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