Perché Putin ha scatenato l’invasione? Era possibile fermarlo? Di fronte alla sua mossa ci sono due ipotesi. La prima insiste sul delirio finale di un autocrate che non esita a minacciare l’arma atomica. E come tutti i dittatori chiusi in loro stessi e nella loro corte ha intrapreso un’azione che può risultare in una riedizione, in versione ridotta, dell’hitleriana operazione Barbarossa, l’invasione nazista della Unione Sovietica. Cioè, un disastro fatale.

Se i russi si impantanano in una occupazione contrastata da una popolazione che si muove dalla resistenza passiva ai sabotaggi, fino alla guerriglia e agli attentati, il regno putiniano rischia di implodere. Perché di fronte a un tale fiasco oligarchi e settori dell’esercito, sostenuti da una opposizione che si è già coraggiosamente riversata nelle piazze, si potrebbero muovere contro di lui. Nessun dittatore è inamovibile. Quasi sempre gli autocrati cadono per guerre perse o per intrighi di palazzo.

Da quel poco che filtra dalla bolla del Cremlino sembra che non ci sia quell’unanimità di facciata esibita fin qui. Ad esempio, è probabile che un ministro di lungo corso come il responsabile degli esteri Sergej Lavrov sia alquanto irritato per la figuraccia che gli ha fatto fare Putin sfregiandogli la reputazione.

Se invece i russi vincono in fretta, senza troppe perdite da entrambe le parti, e controllano l’Ucraina con i propri scherani ai posti di comando, magari dividendo in due il paese, allora lo zar potrà ritirarsi in una dacia e invitare ancora una volta il suo amico Silvio Berlusconi a festeggiare. A meno ché il successo non lo spinga ad ulteriori aggressioni verso la Transnistria e qualche altro scampolo di ex Urss. Ma anche lui sa che c’è una linea rossa: i paesi Nato. Se tocca quelli è guerra vera.

Rimane l’interrogativo: si poteva fermare prima Putin e salvare l’Ucraina? Forse sì, ma la supponenza politico-morale occidentale ha impedito passi intelligenti in questa direzione. Il superiority complex che noi occidentali spesso esprimiamo risulta fastidioso, e financo insopportabile, agli altri paesi - vedi la ritirata dei francesi dal Mali. 

L’avvertimento di Kissinger

Non è un caso che si debbano a un vecchio saggio, un intellettuale di origine europea come Henry Kissinger, gli ammonimenti su come trattare l’orso russo. In un magistrale articolo scritto dopo l’invasione della Crimea, Kissinger ammoniva gli Stati Uniti “a non trattare la Russia come un’anomalia alla quale insegnare con condiscendenza  le regole di condotta definite da Washington“.  

Persino un fautore della realpolitik come l’ex segretario di stato indulgeva qui in un approccio “costruttivista”, secondo il quale le azioni degli attori in campo si comprendono solo tenendo conto della cultura, della storia e dell’identità di ciascuno. E della visione che un paese ha di sé e degli altri.

L’insistenza della Russia nelle scorse settimane sulla sua sicurezza ai confini poteva essere solo una manovra diversiva e dilatoria, ma rifletteva anche l’ansietà antica per la permeabilità delle sue frontiere a Ovest (speculare peraltro al medesimo sentimento della Germania nei confronti dell’Est).

Martellando su una posizione di principio, giusta ma astratta, secondo la quale ogni paese è libero di scegliere l’alleanza che vuole, la Nato e l’America, differentemente da Germania e Francia, hanno inviato un chiaro messaggio a Mosca: prima o poi porteremo i nostri missili sull’uscio di casa tua.

Impossibile dire se Putin fosse già nel delirio paranoico che solo la guerra può ,temporaneamente, placare. Ma se rimaneva un barlume di razionalità da quelle parti, era indispensabile sfruttarlo e proporre, horribile dictu, la finlandizzazione della Ucraina, uno status garantito da un accordo internazionale. Uno status che, tra l’altro, non sembra abbia così nociuto alla Finlandia.

Forse, e sottolineiamo forse, era una strada che poteva evitare il peggio. Ora non c’è più nemmeno quella, e le lancette sono tornate al 1948.  I rapporti tra Russia e Occidente si stanno congelando nella confrontation di un tempo.

Così, aveva ragione Kissinger quando sosteneva che “trascinare l’Ucraina in un confronto tra Est e Ovest avrebbe impedito per decenni di portare la Russia in un sistema internazionale cooperativo”.  Invece l’obiettivo è proprio questo: trascinare la Russia verso una evoluzione democratica, unica garanzia di pace nel continente.

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