La guerra in Ucraina rischia di durare prolungandosi in una serie di micidiali scontri città per città, strada per strada, casa per casa. La lezione sulla guerra di questi ultimi due decenni è chiara: nessuno più è davvero in grado di vincere.

In genere il più debole usa tutte le tecniche per evitare la vittoria del più forte: la sua vittoria è negarla all’avversario più potente. E’ ciò che stanno facendo gli ucraini sul terreno.

Se tale tattica non ha funzionato in Siria è per la divisione interna dei ribelli (almeno 200 fazioni), che pure hanno resistito anni davanti a forze soverchianti, senza armi pesanti e senza aviazione. Il risultato è stata la distruzione completa delle città come Homs o Aleppo.

In Ucraina ci si prepara a qualcosa di simile: basta vedere come sono già ridotte Kharkiv o Mariupol.

Ecco la guerra ibrida del generale Valerij Gerasimov: ogni muro può divenire una trappola mortale per i soldati russi, così come lo fu a Falluja per gli americani. Non serve citare la cyberguerra per sapere cosa sta accadendo: sono immagini di altri tempi.

Per tale ragione le leadership dovrebbero avere appreso che la guerra (compresa questa) non serve: è uno strumento obsoleto, inutile e dannoso per tutti.

Putin per primo dovrebbe saperlo: il conflitto che ha scatenato non sarà di alcun beneficio per il suo potere e lo travolgerà. Qualunque sia la ragione per cui l’ha iniziato (annettere Donbass e Crimea; occupare le città; prendere tutta l’Ucraina ecc.) otterrà solo un pugno di macerie e la riprovazione planetaria.

Chi vuole la guerra mondiale?

Si capisce che l’opinione pubblica occidentale sia indignata da tanta brutalità e si schieri istintivamente coi più deboli, alimentando una bella gara di solidarietà.

Si capisce meno come direttori di giornali e specializzati opinionisti soffino sul fuoco, quasi a volerci spingere verso la guerra mondiale (altrimenti perché?).

Affermano che la guerra già c’è, che Putin non si fermerà e che negoziare non serve. Non sanno forse che il negoziato non è mai ciò che si vede?

Altri politici o commentatori chiedono (in ritardo) un mediatore, ma l’Europa si è messa fuori gioco, schierandosi in blocco. Pare un bene ma può trasformarsi in irrilevanza politica. Occorre restare lucidi: Putin stesso non sa dove sta andando.

Più rimane isolato e meno è disposto a fermarsi: è la lezione della storia dei leader non democratici. Dobbiamo purtroppo prepararci ad una guerra lunga pensando a quale mediazione potrà essere efficace. Molti pensano ad Angela Merkel; qualcuno a Gerhard Schröder.

Le autorità ucraine hanno già vinto la battaglia comunicativa (tanto che ai russi non resta che autoescludersi). Vorrebbero ora “vincere” quella sul terreno resistendo ad oltranza a prezzo di migliaia di vittime civili e dell’intera distruzione del paese.

Anche i russi paiono disposti a pagare un altissimo costo in sangue umano, accettando di essere esclusi dalla comunità internazionale. Ma la domanda è: noi europei occidentali siamo disposti al bagno di sangue?

Non si tratta di chi ha ragione o torto e nemmeno di resa o morte o di declinismo occidentale sfidato dall’Asia.  Sul presunto declino occidentale ci sono biblioteche da almeno due secoli e chi lo riprende è il primo a non credere nella forza della democrazia che, per l’appunto, si mostra sempre debole all’apparenza, accecando gli autocrati di ieri e di oggi. Si tratta invece di sapere che più sangue sarà versato oggi e più l’Europa dovrà portarne il peso.

I nostri popoli occidentali non sono per una guerra senza quartiere: non perché declinano ma perché intuiscono che si tratti di una follia. Questo è il significato del ripudio della guerra espresso dai papi del Novecento e da papa Francesco: guerra vista come guerra civile, scontro fratricida, inutile strage, incapace di risolvere le contese.

Guerra avventura senza ritorno perché ingoia tutto, i nostri sogni di ieri e i programmi futuri. Guerra che fa tornare indietro a pensare come 80 anni fa, induce a ripetere arcaici proclami. Guerra che accelera il decoupling: una contronarrazione della globalizzazione in cui l’interconnessione viene spezzata e ci si rifugia in mondi paralleli.

Un terribile errore di calcolo che approfondirà i solchi e creerà abissi: è un mondo che abbiamo già testato e non è stato un gran successo. 

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