L’occidente si è ritirato dall’Afghanistan e gli europei sono presi da un senso di svuotamento. Un malessere generalizzato ha invaso i media di ogni tipo, in cui rimbalzano senza posa le domande sul futuro.

Nessuno sa davvero come rispondere a tale sensazione di impotenza e di debolezza. L’unica cosa che si moltiplica sulla stampa è un profluvio allarmato di analisi sul terrorismo.

Tuttavia non ha più lo stesso impatto di una volta e non riesce a mobilitare la maggioranza della società, sostanzialmente attonita e smarrita. I leader europei non sanno cosa dire e si trincerano nel solito mantra isolazionista: no ai migranti.

Fa impressione che dopo il ritiro da Kabul e i pochi giorni di narrazione eroica su quanti afghani accalcati all’aeroporto si è riusciti a salvare, si è tornati al business as usual egoista e glaciale.

L’Unione europea non vuole accogliere nessuno e si prepara a pagare il Pakistan (domani l’Iran?) perché accolga gli afghani al posto suo. Un vero paradosso se si considera che il medesimo paese è accusato di aver fomentato i Talebani.

A parte il fatto che forse più di 100mila afghani sono rimasti indietro bloccati in una gabbia che si è rinchiusa su di loro, il doppiopesismo degli europei è ormai conclamato: nessun provvedimento per liberare gli afghani rifugiati sulle isole greche, nessuna procedura speciale di asilo o protezione umanitaria, nessuna azione prioritaria per il futuro.

La riunione dei ministri dell’interno dell’Ue ha confermato le posizioni precedenti alla crisi afghana, come se nulla fosse accaduto.

Il senso di vuoto degli europei nasce da una mancanza di comprensione di sé stessi e dei propri errori. In primo luogo non si è fatta ancora una seria analisi sulle guerre combattute.

Non si deve dimenticare che nel 2003 ci fu una potente onda per la pace in tutta Europa che i leader umiliarono e non ascoltarono. Manca il coraggio di ammettere che i conflitti del 2001 e del 2003 furono degli errori da ogni punto di vista.

Non serve schermarsi dietro argomenti fittizi del tipo «ce lo imposero i nostri alleati» oppure «sono conflitti di un’altra epoca».

Si tratta di ragionamenti fuorvianti, soprattutto per la sinistra europea.

Per capirlo è sufficiente rammentare lo spirito di quelle manifestazioni per la pace e considerare anche il calo di reputazione di chi decise e di chi sostenne le guerre.

Anche se confusamente, già allora gli europei intuirono che si trattava di errori madornali.

È giusto poi rievocare le menzogne con cui tali conflitti furono giustificati: armi di distruzione di massa e così via.

In quei mesi e anni in cui le leadership europee (con l’ausilio di molti intellettuali) forzarono la mano alle proprie opinioni pubbliche, si è costruita una sovrastruttura di ragionamenti ingannevoli, fake news e mimetismi fraudolenti che ci intrappola ancora oggi.

Per riuscire a liberarci del senso di svuotamento è necessario dirci finalmente la verità. 

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