Venti anni fa, l'11 dicembre 2001, la Cina entrava nella World trade organization (Wto) dopo un complesso negoziato durato 15 anni. L'evento fu salutato come un risultato straordinario che sarebbe rimasto nella storia come l'incisione indelebile sul muro che commemora la vittoria definitiva del paradigma liberale. Venti anni dopo, l'umore è radicalmente cambiato.

Una lettura sempre più dominante, almeno nei media del mondo occidentale, è che la Cina non ha rispettato le regole che aveva sottoscritto con l'ingresso nel Wto;  e che il mancato rispetto di queste regole da parte della Cina renda il Wto impotente.

 Un esempio di questa narrazione è l'articolo (ed il video allegato) pubblicato dal Corriere della Sera il 6 dicembre a firma di Milena Gabanelli e Danilo Taino dal titolo Cina, 20 anni nel Wto: gli aiuti di Stato e tutte le altre regole violate nel commercio.

Le regole inadeguate

A rischio di un'eccessiva semplificazione, il problema di fondo non è il mancato rispetto delle regole del Wto da parte della Cina, ma l'inadeguatezza delle regole stesse. Un argomento più corretto sarebbe che la Cina non ha seguito lo spirito, ma non la lettera, implicito negli accordi del Wto. 

Il punto di riferimento giuridico per giudicare se la Cina ha rispettato i suoi impegni in seno al Wto è la somma del quadro multilaterale del Wto e del protocollo di adesione della Cina. In breve, il Wto non disciplina le modalità di regolamentazione di un mercato interno. È sufficiente che, indipendentemente dalla qualità della regolamentazione interna, i suoi membri non discriminino altri membri.

Per questo motivo, le caratteristiche salienti del sistema economico cinese – la presenza importante dello stato nell'economia attraverso interventi diretti o tramite imprese di stato – ricadono per lo più al di fuori della giurisdizione del Wto.

Il protocollo di adesione della Cina al Wto stipulato nel 2001 includeva alcuni impegni aggiuntivi, ma non ha cambiato sostanzialmente questo “peccato originale”.

In questo quadro di regole del Wto, la Cina ha subito 47 dispute generate dalle accuse di aver violato i propri impegni. Per mettere questo numero in prospettiva, le politiche commerciali dell'Unione Europea sono state nel corso degli anni oggetto di 90 dispute, quelle degli Stati Uniti di 156.

Come la maggior parte dei paesi membri del Wto, nei casi in cui il tribunale del Wto ha giudicato le politiche commerciali cinesi non in linea con le regole multilaterali, la Cina ha adeguato queste pratiche.

Il problema è quindi nelle regole. Il ciclo di negoziati multilaterali iniziati in corrispondenza dell'ingresso della Cina nel Wto, il cosiddetto Doha Round, includeva la rinegoziazione di vari accordi che avrebbero potuto contribuire a risolvere il problema.

Tra questi, una revisione dell'accordo sugli aiuti di stato avrebbe potuto essere utilizzato per riconoscere esplicitamente il ruolo delle imprese di stato nella distorsione della concorrenza. Ma il Doha Round è stato di fatto abbandonato da diversi anni e nuove iniziative hanno difficoltà ad emergere.

L'inadeguatezza delle regole attuali del commercio mondiale è il risultato dell'incapacità dei membri del Wto (ed in particolare dell’Unione Europea, Stati Uniti e Cina, i tre maggiori attori) di comportarsi in maniera responsabile e negoziare nuove regole multilaterali.

Questa incapacità è la ragione profonda dell’indebolimento del Wto e del progressivo scivolamento verso un sistema dominato da rapporti di forza piuttosto che dalla rule of law.

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