Il dizionario Treccani definisce mattanza [dallo spagn. matanza «uccisione»] «fase finale della pesca del tonno, particolarmente cruenta e impressionante, durante la quale i tonni pervenuti nella tonnara e giunti nell’ultimo compartimento della rete, la cosiddetta camera della morte, vengono agganciati con arpioni uncinati e uccisi con ripetute mazzate. Per estens., spec. nel linguaggio giornalistico, strage, massacro di persone, o delitto efferato».

Ninni Ravazza, autore di “Diario di una tonnara” racconta, in una intervista a Irene Sparacello, una storia complessa: nel mondo della pesca «c’erano millenni di lavoro, cultura, sapere empirico, che ormai stanno scomparendo». E aggiunge: «Sempre, l’uomo tonnaroto – quello vero – ha rispettato il tonno, amico/preda. Nessuna spettacolarizzazione della sua morte come invece è avvenuto purtroppo in tempi quasi recenti in tonnare dove giovani pescatori, senza cultura né etica, sbeffeggiavano i tonnetti catturati per farsi fotografare dai turisti, ignoranti anch’essi della tradizione. […] Era una questione di vita, di sopravvivenza, non di spettacolo». I pensieri di Ravazza rimandano alle immagini della mattanza girate da Roberto Rossellini in “Stromboli (Terra di Dio)” del 1950, protagonista Ingrid Bergman.

Proviamo a parafrasare – mi sarà perdonata la dismisura – prendendo a riferimento gli eventi recenti. La sopravvivenza delle comunità è legata alla cattura di chi infrange la legge penale. Lo Stato, a sua volta, garantisce dagli abusi le persone tenute in custodia

Carlo Levi, nel prezioso racconto di un viaggio in Sicilia, citando le parole di Francesca Serio, madre del sindacalista socialista Turiddu Carnevale, barbaramente ucciso dalla mafia, ha reso indelebile un antico insegnamento: “Le parole sono pietre”.

Il 6 aprile 2020 è accaduta, scrive il Giudice per le indagini preliminari, una «orribile mattanza».

«Una doverosa operazione di ripristino della legalità»: così si era invece espresso in parlamento l’allora ministro della giustizia per bocca del suo sottosegretario.

Rimaniamo ora in fiduciosa attesa che chi aveva responsabilità politica – lo stesso ex ministro e l’allora presidente del Consiglio (che, ex artt. 92 e 95 Costituzione, propone al presidente della Repubblica la nomina dei ministri e che «dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile») – spieghino al popolo italiano e alla comunità internazionale cosa è accaduto prima, durante e dopo il 6 aprile dello scorso anno.

Giuseppe Rao è professore a contratto "Geopolitica e ordine mondiale" all’Università di Sassari. Le opinioni espresse in questo articolo sono a titolo personale.

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