Effetto leakage o sversamento. Così è stato definito da alcuni economisti il fenomeno che  si verifica quando i trasferimenti pubblici a un settore, ad esempio quello del trasporto pubblico locale, aumentano. Le maggiori risorse dovrebbero avere come finalità esclusiva quella del miglioramento della qualità del servizio e/o la riduzione delle tariffe per gli utenti.

Nella realtà si è però osservato che una parte delle maggiori risorse invece che avvantaggiare i consumatori viene traslata sui costi di produzione. Ne traggono vantaggio fornitori e dipendenti con aumenti salariali o riduzione della produttività. Sembrano emergere i primi chiari segni che qualcosa di simile stia accadendo con la messa a disposizione da parte dell’Europa delle ingenti risorse del Recovery Fund.

Un esempio su tutti: l’ammodernamento della linea ferroviaria Salerno – Reggio Calabria. Finora era stata prospettata l’adozione di un modello di “alta velocità di rete”.  Consiste nell’attuare interventi di tipo tecnologico sulle linee esistenti che consentono di aumentare la velocità di percorrenza (fino a un massimo di 200 km/h) e la capacità ossia il numero di treni che possono utilizzarle. L’adeguamento, dal prevedibile costo di qualche miliardo, consentirebbe di ridurre il tempo di viaggio da Reggio Calabria a Roma a quattro ore e mezza.

Ma, ora, il colpo di scena. Non più un miglioramento delle prestazioni delle linee esistenti ma una nuova infrastruttura analoga alle tratte AV già realizzate.

Secondo quanto anticipato dal Sole 24 Ore, il progetto sarebbe suddiviso in sei lotti per un totale di 405 chilometri di cui poco meno della metà in galleria: sarebbero da scavare complessivamente 180 chilometri, l’equivalente di tre tunnel Tav. Si ipotizza un costo massimo di 20 miliardi che appare peraltro ottimistico se si considera che un chilometro in galleria della Torino – Lione costerà all’incirca 180 milioni.

A parità di costo unitario, la spesa complessiva delle sole tratte sotterranee supererebbe i 30 miliardi. Si tratta di un ammontare enorme di risorse pari a quasi un punto in più del debito pubblico: se effettivamente realizzata, come tutte le altre tratte ferroviarie, l’opera non avrà alcun ritorno finanziario e sarà interamente a carico dei contribuenti.

Venti miliardi equivalgono a un trasferimento monetario pari a diecimila euro per ciascun calabrese o cinquantamila per tutti coloro che fanno parte dei primi due quintili di reddito. Duecentomila euro per ogni nucleo famigliare di quattro persone a basso reddito. Ma per la maggior parte di coloro che risiedono nella regione, il beneficio della costruzione della nuova linea sarà quasi impercettibile. In Calabria oggi, in un giorno medio, sale su un treno poco più di un abitante su cento.  La nuova linea potrebbe molto ottimisticamente raddoppiarne il numero. Nulla cambierebbe per tutte le altre esigenze di mobilità.

Il sottosegretario alle Infrastrutture, Giancarlo Cancellieri, ha affermato che: «La Salerno – Reggio Calabria e le opere connesse a Gioia Tauro servono al Mezzogiorno per lanciare tutta l’Italia nel terzo millennio».

A raffreddare gli entusiasmi per la Grande Opera potrebbe essere utile la lettura di un articolo scientifico di Emanuele Ciani, Guido de Blasio e Samuele Poy. Nel paper si valuta l’impatto a lungo termine sullo sviluppo locale dell’autostrada Salerno – Reggio Calabria costruita tra il 1962 e il 1974.

La conclusione cui giungono gli autori, analoga a quelli di altri studi più recenti che riguardano altre aree periferiche europee, è che quell’investimento ha modificato gli equilibri interni della Regione non ha in alcun modo significativo favorito la crescita della Calabria.

Siamo, insomma, con buona probabilità di fronte all’ennesimo elefante bianco, un progetto i cui costi di realizzazione superano di molto i benefici attesi. Tra pochi giorni dovrebbe essere reso pubblico lo studio di fattibilità dell’opera redatto da Rfi. Sarà  interessante esaminarlo per valutare il giudizio espresso sulla sostenibilità economica del progetto.

Sembra difficile ipotizzare che non vi possano essere impieghi migliori di quelle risorse, unica condizione che dovrebbe, come per tutti gli altri investimenti, portare a un giudizio positivo sulla realizzazione del progetto. Come scriveva qualche giorno fa il Wall Street Journal a proposito del piano infrastrutturale di Joe Biden: spendere è facile, il difficile è investire in modo redditizio per la collettività.

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