Forse bisognerebbe distinguere l’etica dello schierarsi dall’etica della causa per cui ci si schiera. Detto chiaramente: quale che sia la nostra opinione sui bombardamenti israeliani a Gaza (la mia è fortemente critica, seppure con sofferenza, per quel che conta dirlo qui), poi bisogna anche farsi un’opinione su come e perché schierarsi. Questo mi viene in mente considerando la decisione di Zerocalcare di non partecipare a una manifestazione culturale per via del patrocinio dell’ambasciata di Israele. In che senso è legittimo, o ammirevole, o addirittura doveroso, non partecipare a una manifestazione sponsorizzata dall’ambasciata di un governo che si sta macchiando di misfatti? Quali sono gli effetti che giustificano scelte del genere?

Una distinzione ovvia è quella fra individui con cariche ufficiali, personaggi noti e comuni cittadini. L’astensione del nostro governo sulla risoluzione Onu è un fatto grave, che richiederebbe una presa di posizione di tutti gli esponenti politici di primo piano, non solo dell’opposizione. Una presa di posizione di questo genere potrebbe indurre il governo a tornare indietro, per il timore di perdere appoggi o per la paura che l’opposizione aumenti la sua base di simpatizzanti. Se i cittadini comuni prendono posizione possono, almeno se sono in gruppi folti, avere effetti simili: il governo può temere di perdere l’appoggio dei propri elettori, o che l’opposizione aumenti il proprio seguito.

Gli effetti di schierarsi

Ma che effetti ha lo schierarsi di personaggi popolari come Zeroalcare, o di intellettuali e personaggi noti? Un effetto immediato è testimonianza personale, la rivendicazione di purezza o il rifiuto della complicità. Questo è evidente nelle parole con cui Zerocalcare, nel suo post, descrive i suoi stati d’animo: la sponsorizzazione «rappresenta un problema» per lui, dice, partecipare a Lucca Comics sarebbe «un cortocircuito difficile da gestire». Qui il livello e le intenzioni sembrano del tutto personali: Zerocalcare vuole evitare la sua personale compromissione, preservare la sua integrità, non essere complice di una manifestazione che ha accettato una sponsorizzazione da parte dell’ambasciata di un governo che si sta macchiando di misfatti morali. Se questo è tutto, non c’è molta differenza fra qualsiasi comune cittadino e Zerocalcare.

E tuttavia non è detto che ci si possa fermare qui. Si può essere complici in molti modi. Zerocalcare non parteciperà a una manifestazione in cui, in quanto fumettista di grido, sarebbe stato assoluto protagonista. Ma vi parteciperanno altri fumettisti, forse la sua casa editrice. Basta che non partecipi lui per non essere complice? Per noi cittadini basta non aver votato per l’attuale governo per non essere complici dell’astensione all’Onu? O dovremmo forse anche manifestare, parlare con i nostri concittadini che ci hanno votato? Possiamo immaginare che Zerocalcare stia premendo in tal senso?

Forse la condotta di Zerocalcare avrà un effetto di trascinamento, che va oltre la testimonianza puramente personale. Forse la casa editrice deciderà di seguire l’esempio di Zerocalcare. Forse alcuni non andranno alla manifestazione, nonostante abbiano comprato il biglietto. In questo senso, lo schierarsi di personaggi come Zerocalcare funziona come una sorta di avanguardia del popolo. Non è chiaro, naturalmente, a che titolo Zerocalcare pensi (ammesso che lo pensi) di rappresentare un orientamento. Ci sono due sensi di “rappresentanza”. Artisti e intellettuali come Zerocalcare possono rappresentare idee e ideologie, dando a tali idee parole, concetti, espressioni efficaci, dicendo meglio di noi quello che già pensiamo: questo sicuramente Zerocalcare lo ha fatto, in molti casi. Oppure possono essere rappresentanti politici, paragonabili ai membri del parlamento, che danno voce e peso politico a orientamenti politici dei cittadini. Non è chiaro che personaggi come Zerocalcare possano e debbano assumersi questo ruolo. Soprattutto, c’è il rischio che, nel farlo, confondano vari piani – il piano ovviamente commerciale, il piano ampiamente culturale e social, col piano politico. Zerocalcare non viene votato nelle elezioni. E ottiene proventi, quando esprime le nostre idee con mezzi stilistici così efficaci (e ovviamente esprime anche le sue idee, non solo le nostre). Questo forse lo rende un’efficace voce delle nostre idee, ma non un rappresentante politico.

Boicottaggio

Un altro effetto potrebbe essere simile al boicottaggio. Nel suo post, Zerocalcare parla della sua casa editrice e degli spettatori che hanno già comprato il biglietto. Implicitamente suggerisce che la sua assenza potrebbe avere effetti economici – disdette, proteste, e così via. O, anche se non è questo che vuole suggerire, questo potrebbe comunque succedere, e in questo senso potrebbe essere un effetto virtuoso, e cercato. Ma anche in questo caso, considerando che Zerocalcare ottiene proventi (legittimamente) dalla sua attività, ci si potrebbe chiedere dove fermarsi. Ci si potrebbe chiedere se si debbano boicottare altre attività sponsorizzate dal governo israeliano, a vario titolo. O se si dovrebbe chiedere ad artisti e intellettuali un contributo sostanziale, per esempio in termini economici, alle cause in cui credono. Questa sembra una china pericolosa, per varie ragioni.

Ma se si evita tutto questo si ritorna alla mera testimonianza personale, al ritrarsi di chi vuole conservare la propria purezza. Non molto, di fronte a una tragedia come questa.

 

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