Nicola Zingaretti finalmente ha detto un no chiaro e forte. Fin troppo. Avrebbe dovuto dirne altri. Vero è che nell’estate del 2019 era difficile resistere alla pressione di tutto il mondo, da Washington a Berlino, dal Vaticano al Colle, che chiedeva di stoppare Matteo Salvini e allearsi con i  Cinque stelle, gli stessi che pochi giorni prima avevano accusato il Pd di fare commercio di bambini  o giù di lì. Solo chi aveva uno stomaco forte come Matteo Renzi, e lo ha dimostrato Riad, poteva tranquillamente soprassedere.

Il segretario del Pd alla fine ha accettato di dare vita all’esecutivo giallo-rosso rinunciando ad una campagna elettorale all’attacco contro un Salvini umiliato dallo scontro con Conte.

Una volta formato il governo, dato che Zingaretti è uno che vuole fare le cose bene, si è impegnato per dare un senso al matrimonio improvvisato e ha costruito una alleanza avendo come punto di riferimento il capo del governo.

La crisi del Conte II e la nascita dell’esecutivo delle larghe intese metteva in discussione l’impianto su cui aveva lavoro il Pd  fino ad allora. Eppure il Pd ha risposto «presente» al residente della Repubblica facendo prevalere, ancora una volta, il senso di responsabilità sui propri interessi.

Molto nobile: proprio come fece Pier Luigi Bersani nel 2011, salvo poi trovarsi con un pugno di mosche alle elezioni del 2013.

Invece Zingaretti avrebbe dovuto dire no: dopo Conte doveva mantenere l’ indisponibilità a qualsiasi soluzione che non fossero le urne (e lasciamo perdere che non si poteva votare per il Covid: in Olanda si vota tra 15 giorni e questo paese ha un tasso di riproduzione del virus di 1.14).

Certo, negarsi a Mario Draghi era molto difficile, ma se l’ha fatto Giorgia Meloni… E’ stata pure superata la linea rossa della collaborazione con Salvini. Almeno lì, Zingaretti doveva essere fermo: o noi o loro.

Caduta anche quell’ultimo fronte di resistenza il Pd ha perso il suo punto di equilibrio, e non vedendo più una direzione di marcia ogni componente ha incominciato a muoversi per proprio conto. E Zingaretti ha detto basta. Un bel no rotondo a tutto e tutti. Troppo tardi, però.

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