Negli ultimi anni il dibattito italiano si è spesso attorcigliato attorno al tema del “ritorno” di un passato che si credeva, almeno parzialmente e seppur faticosamente, superato. Questi mesi, però, ci hanno consegnato il primo governo a trazione postfascista della storia dell’Italia repubblicana, e il 25 aprile del 2023, nell’anno in cui si inizierà a celebrare l’ottantesimo anniversario della Resistenza italiana che ha visto il suo avvio l’8 settembre del 1943, potrebbe segnare per questa ragione una radicale discontinuità, come le ultime settimane di polemiche costanti su questo scorcio di storia hanno palesato.

Mistificazioni

FOTO ARCHIVIO ISTITUTO PIEMONTESE PER LA STORIA DELLA RESISTENZA E DELLA SOCIETÀ CONTEMPORANEA “GIORGIO AGOSTI”

È importante che questa festa della Liberazione non si lasci inquinare dalle banalizzazioni e, soprattutto, dalle distorsioni e mistificazioni di decenni di revisionismo che hanno portato la storia e la memoria resistenziale a doversi difendere da reiterati attacchi. Il bersaglio è, di norma, la guerra partigiana, schernita e vilipesa come qualcosa di inutile, o persino dannosa e controproducente, ribaltando così il significato profondo di quei venti mesi in cui migliaia, poi decine di migliaia e infine centinaia di migliaia di giovani e giovanissimi uomini e donne hanno volontariamente deciso di prendere le armi o di sostenere attivamente chi lo faceva per rifondare radicalmente un paese.

La migliore risposta possibile a questi tentativi di riscrittura della storia e dei valori della nostra comunità cui stiamo assistendo, crediamo, è proprio la storia. Non intesa come disciplina asettica, ma come processo di conoscenza in costante evoluzione, vivo e appassionato, incalzato dalle domande del presente. Ridiamo la parola a chi se ne occupa, proviamoci, almeno.

Le studiose e gli studiosi le cui parole leggerete in queste pagine appartengono a generazioni diverse, ma tutte e tutti si sono formati nella fase in cui ha iniziato a sgretolarsi il paradigma antifascista alla base dell’Italia repubblicana. E hanno capito – abbiamo capito – che, almeno su questo tema, bisogna ripartire dalle basi, riprendendo l’enorme lavoro fatto dalla fine della guerra a oggi da numerosi storici e storiche, con il lavoro di ricerca in archivio, l’edizione di fonti e la pubblicazione di opere di storiografia imprescindibili. È importante che quel tessuto di conoscenze, stratificate e sedimentate, sia a disposizione di tutti e di tutte.

Di pochi, ma di tutti

FOTO ARCHIVIO ISTITUTO PIEMONTESE PER LA STORIA DELLA RESISTENZA E DELLA SOCIETÀ CONTEMPORANEA “GIORGIO AGOSTI”

Cosa ci dice la storia della Resistenza? Lasceremo la parola a questo numero di “Dopodomani” per provare a tracciare alcuni significati, alcune traiettorie tra letture e interpretazioni a nostro avviso fondamentali. In apertura vogliamo però spendere due parole sul titolo che abbiamo scelto e sulla struttura che abbiamo dato a queste pagine.

Il titolo: sappiamo oggi che la Resistenza non è stata “lotta di tutto un popolo” così come a lungo è stata definita, ma di una vasta minoranza attiva di uomini e di donne, i “pochi”, che hanno scelto sulla base delle più diverse motivazioni, di opporsi, con modi e mezzi differenti, a un regime e a una guerra sentiti come ingiusti e feroci.

È un aspetto messo in luce già da Franco Antonicelli, quando, a Torino, nel vivo dell’insurrezione, ha scritto uno dei primi discorsi che ha poi pronunciato nella città liberata. E qui indicava nell’unità tra componenti diverse, che rappresentano molte delle famiglie politiche del dopoguerra, la cifra essenziale della Resistenza: «I resistenti sono stati pochi uomini, pochi semplici e ignorati cittadini, intorno a un tavolo di cucina o di portineria o di vecchio archivio. Così solenne! Rappresentavano e rappresentano la coscienza di un popolo. Voi siete stati, l’uno nell’altro, gli amici antichi e i nuovi; i rappresentanti di idee politiche diverse ma di una fede unica e di una volontà compatta e perciò l’uno all’altro sostegno e incitamento, esempio di dovere e insegnamento di cose a cui non tutti erano, o non egualmente erano preparati».

Tuttavia la Resistenza, come guerra asimmetrica e irregolare, non avrebbe potuto esistere senza il sostegno di larga parte della popolazione, che in molti territori ha rischiato in egual misura ed è stata per questo essa stessa considerata dai nazisti e dai fascisti alla stregua del partigianato attivo: nemica.

La Resistenza è “di tutti” perché i “pochi” sono stati espressione di ogni componente della società, diversa per condizione sociale, culturale e politica, per genere, per generazione, per provenienza geografica e nazionalità; è “di tutti” perché quei “pochi” non hanno agito da soli e hanno anzi consolidato attorno a sé, sui monti, nelle valli e nelle città un’area di ampio e crescente consenso; e soprattutto è “di tutti” perché quei “pochi” hanno agito, pensato, combattuto non solo per sé ma per la collettività.

Punti di osservazione

Plurali sono anche i punti di osservazione dai quali è possibile studiare la Resistenza, ed è questa molteplicità di sguardi che la struttura di questo “Dopodomani” si propone di restituire.

Nasce in una società frammentata e trasformata dalla guerra e, a sua volta, la trasforma. È un progetto nel quale prendono forma le basi della democrazia, i principi giuridici e le regole che perimetrano il nostro vivere civile. Parlare di Resistenza come “sogno” può quasi apparire irriguardoso, uno sminuire il suo autentico significato politico. Eppure, se non si prendono in considerazione i sogni e le speranze che stanno un passo indietro rispetto alla politica, si rischia di lasciare in un cono d’ombra le attese e le ragioni dei molti per i quali gli ideali politici non sono l’origine della scelta ma una conquista raggiunta proprio grazie a quell’esperienza.

La Resistenza è azione che coinvolge uomini e donne, delle età più diverse, con tempi e modi differenti nei vari territori della penisola investiti dal conflitto. È azione di guerra, violenza subita ed esercitata, è combattimento – con le armi e senza le armi – fino all’insurrezione; è una domanda di giustizia e di radicale trasformazione del paese che soltanto in parte trova soluzione nel travagliato dopoguerra.

Ed è lì, nel delicato periodo della transizione, che la Resistenza comincia a essere anche racconto: oltre al lavoro di conservazione delle fonti, alle ricerche embrionali e alle prime testimonianze che sgorgano fin dal 1945, sono anzitutto la letteratura e il cinema a costruire il suo immaginario dalla seconda metà degli anni Quaranta, tentando di interpretare quanto accaduto nei “venti mesi” resistenziali, sovente anticipando di decenni le riflessioni che la storiografia avrebbe poi proseguito. A queste due si sarebbero aggiunte, in tempi più recenti, altre forme di narrazione: abbiamo scelto di aprire una finestra anche sulle più innovative, come i videogiochi, perché questa è una storia che guarda al passato ma il cui linguaggio si rinnova costantemente, la Resistenza sa parlare anche al presente e al futuro.

L’auspicio

Se non altro questo è il nostro auspicio. Tornare oggi sulla storia della Resistenza richiede di coniugare due aspetti cruciali e convergenti. Da un lato la necessità di essere saldamente ancorati allo studio di quella strepitosa stagione che è stata la lotta di liberazione, alle biografie dei suoi protagonisti, agli eventi più significativi, ai processi di breve e medio periodo che ha saputo innescare. Dall’altro, la volontà di portare avanti quella visione – che ha visto la cooperazione di diverse sensibilità politiche e culturali, di diversi generi e generazioni, di diverse classi sociali, di diverse nazionalità – va sempre declinata al plurale, e parla al mondo di oggi. Quei progetti, quelle azioni e quei racconti hanno tracciato un perimetro entro il quale una comunità democratica può ancora oggi muoversi liberamente; ed è un perimetro che va difeso, metro per metro, anche con le parole.

Buona lettura e buona festa della Liberazione.


Barbara Berruti, Chiara Colombini e Carlo Greppi hanno curato a sei mani questo numero di “Dopodomani”, realizzato da Domani in collaborazione con il Polo del ‘900 di Torino. Un grande ringraziamento a tutte le autrici e a tutti gli autori che hanno contribuito al numero.

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